«Ho sofferto come un cane, ma ne valeva la pena». Matteo Trentin festeggia in anticipo, regalandosi una vittoria di tappa per distacco al Tour de France, i 30 anni che compirà il 2 agosto. Lo ha fatto nella 17/a tappa che era anche l’ultima occasione per i passisti che, come lui, amano attaccare. Nei giorni a venire ci saranno le Alpi e poi la passerella finale a Parigi, ecco quindi che il campione d’Europa ha colto al volo la chance che gli rimaneva. Ci è riuscito con un attacco a 15 di chilometri dal traguardo, mentre 'scalava' il Col de la Seentinelle e poi planando in discesa su Gap per andare a vincere a braccia alzate, con 37'' di vantaggio sul danese Asgreen e 41" sul campione olimpico Van Avermaet. Tutti e due, come del resto Trentin, in precedenza avevano fatto parte di un gruppetto di fuggitivi andato via a 35 km dalla fine, e che comprendeva anche Oss, Bystrom, Izagirre, Skujins, Perichon, King, Laengen e Perichon. Nel frattempo il gruppo dei migliori lasciava fare, concedendosi una giornata di relativo riposo prima delle salite alpine, e arrivando al traguardo con oltre venti minuti di ritardo. Da domani però Alaphilippe capirà se davvero può coronare il sogno di rimanere in giallo fino a Parigi. Il vantaggio su Geraint Thomas è sempre di 1'35", quello su Kruijswijk è 1'47" mentre l’altro uomo che sta facendo impazzire la Francia, ovvero Pinot, è quarto a 1'50". Insomma, tutto è ancora possibile, intanto Trentin si gode questo successo parziale che è il 23/o della sua carriera. «Oggi stavo bene - spiega Trentin dopo la premiazione -. In fuga non c'era collaborazione e allora ho attaccato sul Col de la Sentinelle per fare la mia salita, anche se c'era vento contro. Avevo capito sui Pirenei di avere una gran gamba, ma finora non avevo combinato un tubo. Oggi era l’ultima occasione, una da 'o tutto o nientè. Nel finale ho deciso di giocarmela d’anticipo, perché ho visto che Asgreen non aveva tirato un metro, giustamente perché lui è della squadra della maglia gialla, e quindi lo temevo più di tutti. Non sbagliavo perché poi è arrivato secondo». «Sapevo che lui è forte in salita - dice ancora Trentin - e anche veloce, quindi mi sono detto che anticipandolo avrei avuto più chance. Negli ultimi chilometri non pensavo a niente, so soltanto che soffrivo come un cane ma ne è valsa la pena».