La Vuelta incorona uno sloveno che, già all’ultimo Giro d’Italia, aveva provato a imporre la propria legge: il suo nome, Primoz, è tutto un programma. Roglic non è un predestinato, ma 'solo' un ex saltatore con gli sci che, a causa di un grave infortunio patito sulla neve, si è dato al ciclismo, per recuperare il tono muscolare. La bici, però, col tempo è divenuta la sua nuova compagna fino a portarlo sulla vetta di una grande corsa a tappe. Quarto al Tour dell’anno scorso, Roglic quest’anno al Giro ha fatto il diavolo a quattro, duellando a lungo con Vincenzo Nibali e facendosi beffare - come del resto è accaduto al siciliano - dall’ecuadoriano Richard Carapaz. Un’occasione sprecata, riconducibile anche a un calo fisico che, in questa Vuelta, non c'è stato. Solo oggi, dopo avere rivaleggiato con il duo della Movistar formato dal campione del mondo Alejandro Valverde e Nairo Quintana, a poche centinaia di metri dal traguardo di Plataforma de Gredos, ha mollato, lasciandosi staccare di qualche secondo (9'', più 8'' di abbuono al secondo classificato di tappa). Poco male: la Vuelta è sua e domani Roglic, nell’avvicinamento verso Madrid (partenza da Fuenlabrada e arrivo nella capitale spagnola dopo 106,6 km), potrà brindare e pedalare senza pressioni. Lo sloveno ha costruito la propria vittoria nelle sfide contro il cronometro, com'era prevedibile, ma anche nell’interminabile sequela di salite, tenendo testa al 'Kondor' Quintana, all’altro colombiano Miguel Angel Lopez, ma anche allo stesso Valverde, mai domo e salito sul secondo gradino del podio, a 2'33'' dalla maglia rossa. Terzo, come la vittoria conquistata oggi nella Vuelta 2019, un altro sloveno: il 21enne Tadej Pogacar, che è la vera sorpresa della corsa. Tre successi in altrettante tappe in salita rappresentano un bottino impensabile alla vigilia della partenza. Non è stata una Vuelta per gli italiani, come testimonia il ritiro di Fabio Aru, ancora assai lontano dal corridore capace di vestire la maglia rossa a Madrid e quella gialla - sia pure per pochissimo - del Tour, oltre a quella rosa del Giro d’Italia. Di corridori italiani non c'è traccia nei primi 25 posti della classifica generale e questo la dice lunga su quello che potrebbe essere il dopo-Nibali. Non resta che prepararsi al peggio.