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Scontro tra Governo e Lega A sul caso Coronavirus, calcio di nuovo a rischio

Il ministro per le Politiche Giovanili e lo Sport Vincenzo Spadafora

Una buona dose di incertezza, mescolata ad incomprensioni e trattative non sempre limpide. È il cocktail che sta facendo girare la testa al mondo sportivo, ed al calcio in particolare, per la ricaduta del decreto che ha sigillato le zone rosse del nord Italia, infestate dal coronavirus. L’avvio del primo recupero, Parma-Spal, è stato sofferto ed
inedito.

Alle 12:30, orario d’inizio previsto, invece di scendere in campo le squadre sono rientrate negli spogliatoio. Rieccole alle 13:15 e mezzora dopo la partita è finalmente iniziata. Cosa era successo? Lo ha spiegato più tardi la Lega con una nota: «A pochi minuti dal fischio d’inizio» era arrivata la richiesta dell’Assocalciatori di sospendere il campionato, paventando lo sciopero.

Una posizione «che ha messo a serio rischio la tenuta del sistema, minacciando anche il pagamento degli stipendi». La giornata si poi è 'normalizzata', per quanto possibile nel silenzio degli stadi deserti. Il racconto di una domenica caotica deve partire da sabato sera, quando il ministro per le Politiche giovanili e lo Sport, Vincenzo Spadafora, aveva rilanciato sul tema delle partite in chiaro, ricevendo però da Sky e Lega di A un altro «non si può, le norme non lo permettono».

Nel cuore della notte, dalla sala stampa di palazzo Chigi, il premier Giuseppe Conte aveva poi così esposto in che misura lo sport è investito dal provvedimento del Governo: «Saranno consentiti eventi sportivi di atleti professionisti o a porte chiuse o all’aperto senza presenza di pubblico». Quando era ormai sorto il sole sulla giornata degli attesi recuperi, tra tutti Juventus-Inter, è tornato alla carica il presidente dell’Assocalciatori, Damiano Tommasi, ribadendo in un tweet la sua posizione: «Fermare il calcio è l’atto più utile al Paese in questo momento».

L’atteggiamento barricadero (è girata anche una bozza del proclama) non avrebbe però trovato consensi unanimi, specie nelle categorie inferiori. Gli ha però attirato una pioggia di insulti sui social da parte di quanti gli rimproverano di essere al vertice di una classe di privilegiati. Non così il ministro Spadafora che, a stretto giro, lo ha appoggiato: «Non ha senso mettere a rischio la salute di giocatori, arbitri, tecnici e dei tifosi che sicuramente si raduneranno per vedere le partite, solo per non sospendere temporaneamente il calcio e intaccare gli interessi che ruotano attorno ad esso».

E poi la stilettata: «Del resto, ancora prima che la situazione diventasse così drammatica, la Lega di Serie A e Sky si erano già rifiutate di concedere a migliaia di italiani di vedere in chiaro le partite, nascondendosi dietro presunte difficoltà normative che con l’autentica disponibilità di tutti si potevano superare». Magari ricorrendo alla trasmissione in differita, ma nemmeno questa strada si è dimostrata percorribile per la mancata adesione», secondo Spadafora, di Lega e pay tv.

Non parla di calcio Urbano Cairo ma della situazione italiana: «Della situazione del calcio non le parlo, è importante per me ma lo è molto di più l’Italia - dice al telefono con l’ANSA - e mi preme dire che l’emergenza per il coronavirus mi ha convinto che qui ci vogliono misure 'cinesi', molto più dure di quelle prese fino a oggi», sottolinea Cairo. E in serata il ministro, a 90' Minuto (Rai2), ha rincarato: «Oggi si è giocato per un gesto irresponsabile della Lega di serie A e del suo presidente Dal Pino».

«Il mondo del calcio si sente immune dal contagio, sa parlare solo di soldi - ha aggiunto - Confido nel presidente della Federcalcio Gravina e aspetterò martedì (quando si terrà un Consiglio Federale straordinario, ndr) ma se non si prendono le loro responsabilità lo faremo noi», anche «mettendo mano alla legge Melandri». «Il ministro ignora le norme e rifiuta la responsabilità del suo ruolo - la risposta di Dal Pino - Invece di fare demagogia sia coerente con le proprie azioni di governo e se necessario emani un Decreto assumendosi responsabilità che sta scaricando su altri». Lo scontro è ben lontano dalla parole fine.

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