Giornata di coppie sul pianeta sport. Coppie che scoppiano, che si ritrovano, che rinverdiscono i fasti. Coppie, appunto, perché l’un elemento avrebbe poco senso senza l’altro. E viceversa.
In tema di coppie che scoppiano trova fatica a inserirsi la travagliata storia tra Antonio Conte e Christian Eriksen che, però, le altre categorie neanche le sfiorano. Più che di coppia scoppiata, infatti, è il caso di parlate di feeling mai sbocciato tra i due. Troppo distante il loro modo di intendere il pallone e la vita. La trasposizione calcistica di diavolo e acqua santa – e le corna, metaforicamente, le “indossa” il tecnico pugliese, fumantino e indiavolato come pochi – o di Yin e Yang. Disciplina e corsa contro classe e intuizione. Ma anche giorno contro notte, perché Conte è nato in una terra baciata dal sole che mal si sposa con i rigidi inverni nordici e le lunghe notti danesi. Due esseri agli antipodi, in sostanza. Tutto ciò serve a giustificare l’accanimento terapeutico dell’allenatore nei confronti del suo numero 10? Può mai far passare in sordina il minutaggio risicato – eufemismo – concesso dal primo al secondo? Sbagliato, senza ombra di dubbio, mortificare un talento che ha già le valigie in mano da un pezzo, concedendogli spicchi – altro eufemismo – di partita, a risultato acquisito e con l’addetto agli spogliatoi che ha già azionato la manopola delle docce. E non c’è soffione di “San Siro” che possa mitigare la delusione o rendere meno amara la cicuta da ingoiare. L’ennesima. Tanto da far sfoggiare a Eriksen, pronto a entrare per l’ennesima volta oltre al novantesimo, la stessa faccia di un comune mortale che si vede sfilare sotto il naso l’ultimo cioccolatino di una confezione ormai vuota. Il meglio, per intenderci, l’hanno già consumato gli altri. Anzi, hanno consumato tutto.
Quanto alle coppie che si ritrovano, se c’è un dio del calcio è stato lui ad azionare la leva del desiderio e far risalire – ma anche ri-ri-risalire – Super Mario sulla carrozza del pallone di casa nostra. B come Balotelli, verrebbe da dire. Ci ha tradito e illuso troppe, Mario Barwuah Balotelli da Palermo per credergli anche stavolta. Se non altro, la scelta del Monza è un atto di umiltà. Ostentato da chi umile non lo è stato mai e si appresta a riabbracciare il suo papà calcistico, quel Galliani che è secondo solo a Mancini in quanto a perdoni cristiani nei confronti del figliol prodigo con la cresta e i pendenti alla B.A. Baracus. Ma la B di Balotelli è francamente più vicina a quella di Benjamin Button, il personaggio interpretato magistralmente da Brad Pitt: il pargolo venuto al mondo con le fattezze di un anziano che, con il passare degli anni, ringiovanisce a tal punto da tornare… bambino, pagando lo scotto di vedere invecchiare le persone a lui care mentre sta compiendo il percorso opposto. Sembra proprio il triplo carpiato all’indietro in cui si annoda irrimediabilmente da anni Super Mario, da baby eroe del Triplete dell’Inter a giocatore senza contratto in odore di serie B, nel pieno delle forze e in un’età in cui di pendente intorno al collo dovrebbe avere solo decine di prestigiose medaglie. E invece...
Sulla coppia più bella della settimana, quella che rinverdisce i fasti, sventola la bandiera tedesca. Uno dei pochi crucchi digeriti dagli italiani nella storia dello sport (e forse non solo di quella…) è un tal Michael Schumacher: un semidio travestito da pilota di Formula 1. Il rosso sgargiante della Ferrari gli calzava a pennello. Per gli amanti del Cavallino c’è un prima di lui e un dopo di lui. Bravi, bravini quelli che lo hanno preceduto, per carità, ma Schumi era di un’altra pasta. Il “dopo” è stato ancor più travagliato per i supporter ferraristi, che il prossimo 29 dicembre avranno trascorso sette anni con un magone grande così: tanto è passato dall’incidente sulla pista da sci che ha ridotto Schumi prima in fin di vita, poi alla stregua di un vegetale e oggi chissà. Ma la Formula 1, evidentemente, ha un conto aperto con la famiglia Schumacher, perché Mick viaggia sulle orme del padre. Ieri il ventunenne tedesco ha messo il sigillo sul Mondiale di Formula 2, l’anticamera della consacrazione sul pianeta dei grandi. Non è un caso che il prossimo anno correrà con la Hass. Perché il suo cognome e lo sport che viaggia sulle quattro ruote hanno un feeling speciale. Come Super Mario con il calcio. Come Conte ed Eriksen con i loro, rispettivi, princìpi. A ognuno la sua coppia.
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