Un brivido lungo la schiena. Ma anche un senso di spaesamento. Lo hanno avvertito milioni di appassionati di tennis che abbinano allo “sport del diavolo” il volto e l’“estro geometrico” di Roger Federer. Mai ossimoro fu più azzeccato di questo per descrivere l’artista svizzero, abile tanto con la spada quanto con il fioretto, ma probabilmente anche con una semplice penna stilografica senza inchiostro. Un brivido, perché per la prima volta da quando RF dipinge tennis su qualsiasi superficie in grado di poter sopportare il rimbalzo di una pallina, le sue considerazioni di fine anno suonano sinistre. Definitive? Magari no, ma la parola “ritiro” inizia a farsi largo, piano piano, in mezzo alle classiche buone intenzioni pre-season, pronunciate nel corso della cerimonia – l’ennesima di una carriera carica di premi, coppe e medaglie – che lo ha celebrato come migliore sportivo svizzero degli ultimi 70 anni. «Non tornerò in campo finché non sarò a posto», «Wimbledon, Olimpiadi e Us Open sono le mie priorità», «Spero di tornare in campo nel 2021, ma se non sarà così, allora questo premio sarà stato un gran finale». L’ultima frase, una pugnalata. I sostenitori di RF avevano messo in conto, da un pezzo, che prima o poi la racchetta del Maestro sarebbe stata appesa al chiodo. E il giorno più temuto si avvicina. Gli scenari rimasti non sono tantissimi.
Ritiro immediato?
L’ipotesi più remota. Roger Federer è reduce da due operazioni al ginocchio che, se da un lato testimoniano l’insorgere inevitabile di problematiche fisiche (naturale per un atleta vicino ai 40 anni, che da oltre 20 gioca ad alti livelli), dall’altro sono il simbolo della voglia di non mollare da parte dello svizzero: se avesse avuto voglia di staccare la spina presto, in sostanza, lo avrebbe già fatto. E invece no, ed è pronto a ripresentarsi tirato a lucido. Per l’ennesima volta. Non foss’altro per rinviare ancora di qualche mese quel ricambio generazionale che il mondo del tennis attende da almeno cinque-sei anni.
Stop dopo Wimbledon
Roger Federer e Wimbledon – il regno dove i due più grandi impostori, “vittoria” e “sconfitta”, si alternano ormai da più di cento anni – sono praticamente un tutt’uno. Un giardino di casa per lo svizzero, che ha alzato la Coppa più prestigiosa del circuito per ben otto volte. Come nessuno nella storia. Come nessuno, probabilmente, riuscirà mai a fare in futuro. Un po’ come Nadal a Parigi. Ipotizzare l’addio a prescindere da come andrà la competizione londinese è azzardato, se possibile, più dell’ipotesi “A”.
Ultimo giro di schuhuplattler
Lo schuhuplattler è un noto ballo tirolese, molto diffuso in Svizzera. Ecco, è altissima la percentuale che il suo ultimo, personalissimo, schuhuplattler, Roger Federer lo vivrà nel 2021. La sensazione forte è proprio questa. Il giro lo completerà con il trittico Wimbledon-Olimpiadi-Us Open, proprio come ha affermato. Non foss’altro perché è molto legato alla prima e alla terza rassegna, mentre la seconda non l’ha mai visto come trionfatore: motivo in più per riprovare l’assalto ai cinque cerchi. L’ultimo assalto. E a questo punto, il nodo finale da scogliere resta la partecipazione ai prossimi, imminenti, Australian Open. Se non sarà al top, salterà l’appuntamento con la terra dei canguri. Una rinuncia sanguinosa per lui, ma niente a che vedere con ciò che accadrà quando sul 2021 del tennis calerà il tramonto. L’ultimo con lo sfondo dei monti svizzeri in cima a tutto il resto.