Raflash Leao nel libro dei record, Gasp-Papu più neri che azzurri. E al “Granillo” finisce il calcio
Vent’anni. Tanto è trascorso dall’uscita del primo Flash (nelle sale cinematografiche) nel 1990, all’entrata (nel libro dei record) del secondo Flash. Il primo è abbinato a un supereroe dotato di velocità fuori dal comune, il secondo… quasi. Il supereroe dei giorni nostri si chiama Rafael Leo. E non solo per la sua velocità in senso assoluto, quanto per la capacità di scrivere una pagina del grande libro del calcio europeo: indossando la maglia del Milan, contro il Sassuolo, ha realizzato la rete più rapida della storia dei cinque campionati più importanti: quel 6’’76 è destinato a restare scolpito nella roccia dell’immortalità. E dire che, fino alle 15 di ieri, il primato apparteneva a un tizio che di stranezze se ne intendeva. Tal Paolo Poggi, non solo detentore per 21 anni del record strappato ieri da Leao (gli erano bastati 8’’, quando indossava la maglia del Piacenza, per gelare i tifosi della Fiorentina), ma anche figurina introvabile insieme al compagno di squadra Volpi nell’allora collezione della Dolber: praticamente impossibile trovarli. Così come è praticamente impossibile spodestare dal trono della storia il velocita “Raflash” Leo. Tempi un po’ più lunghi – ma neanche troppo – richiederà la separazione tra Gasp e il Papu Gomez. Un afflato che, nel recente passato, ha consegnato ai tifosi dell’Atalanta il triennio più bello della storia bergamasca. Con la coppia italo-argentino al timone (rispettivamente in panchina e in campo), i nerazzurri hanno sfiorato l’impresa Champions e prenotato un posto fisso nei piani alti della classifica di serie A. Da qualche settimana, però, l’asse si è spezzato. In realtà è ridotto a mille pezzi. Sono volati stracci negli spogliatoi (anche qualcosa in più, come giura qualcuno) e il rapporto è definitivamente compromesso. Il Papu strizza l’occhiolino ai tifosi sui social, annunciando spiegazioni una volta risolto il suo contratto con la Dea, mentre il tecnico-rivelazione degli ultimi anni si limita a tenerlo ai margini in attesa che si schiudano le porte del mercato e levino tutti dall’imbarazzo di dover dare spiegazioni. La deadline si avvicina e intanto l’Atalanta dimostra di poter far a meno del suo leader spirituale schiantando la Roma. Ma questa brutta vicenda lascerà comunque l’amaro in bocca a una tifoseria che si era innamorata della trama e non del finale più o meno glorioso della storia. La saracinesca dell’ultimo Bar sport prenatalizio si chiude con la parentesi cadetta. Quanto accaduto al “Granillo” sabato è la cartina al tornasole del momento vissuto dal calcio. La fredda cronaca. Reggina-Cittadella è prevista per le 14.30, poi slitta in tarda serata, nella speranza che i tamponi effettuati dai giocatori del Cittadella non esprimano verdetti preoccupanti. Si gioca, certo, dopo aver iscritto alla lista dei positivi altri tre giocatori veneti, oltre ai sei già ratificati nell’immediata vigilia. Si gioca, ma non è la stessa cosa. Perché sono tutti condizionati dal clima surreale, come se non bastasse la mancanza di tifosi al seguito. Si gioca, c’è un risultato, così come ci sono vinti e vincitori. Ma il calcio vero, quello dei record infranti, delle figurine introvabili e delle storie da libro Cuore in stile Atalanta è tutto un’altra cosa.