«Il portiere l’ha da parare, il difensore deve difendere, l’attaccante far gol...». Massimiliano Allegri sta per tornare, anzi è già tornato: e se dette da un altro certe cose somigliano pericolosamente a banalità, recitate da lui come una filastrocca assumono subito il tono della guerra di religione calcistica, proprio nel giorno del crollo della Juve di Andrea Pirlo e della crisi di Fonseca. L’avversario del tecnico dei cinque scudetti consecutivi alla Juve (e di uno al Milan) è il verbo degli adepti al «Giochismo», un credo tattico con molti dogmi a partire dall’inflazionata costruzione da dietro, che infiniti lutti ha inflitto recentemente alle squadre italiane. «Sono sempre passato per l’avversario dei "giochisti", ma il fatto è che ho avuto la fortuna di imparare da allenatori vecchia scuola. Il calcio è una cosa seria, riportiamolo all’abc», la frase spot di un lungo colloquio-show, nella notte lunga di Sky Calcio Club, con Capello e Bergomi che annuiscono vistosamente. Ad accendere i tifosi di mezza Italia, la conferma del rientro dopo due anni sabbatici. «Giugno è vicino, voglio tornare: perché ad allenare io mi diverto, non è che sia andato in astinenza ma godo a vedere le giocate dei miei, e questo sì che mi è mancato..». Sognano i tifosi delusi dalla Juve, ma anche romanisti e napoletani, per non parlare delle attenzioni già dichiarate da Real o Premier League. Ovunque vada, una cosa è certa: sarà il ritorno di un sano buon allenare all’italiana, scuola Lippi o Capello, lontano insomma da tendenze come la costruzione dal basso. «Non la demonizzo - ha spiegato Allegri - ci sono momenti in cui non hai pressione e lo puoi fare, momenti in cui lanciare il pallone non è vergogna: due secondi di palla in aria, e si riparte... Ricordo che appena arrivato alla Juve - il racconto - dopo una partita col Chievo mi diedero i dati. Buffon aveva tenuto il pallone tra i piedi 1' e 49'', il mediano solo 40''. Pensai ci fosse qualcosa di sbagliato, ma una volta confermato quello strano dato presi la squadra nello spogliatoio e dissi: o cambiate atteggiamento o io tolgo il portiere...». Perché il calcio semplice e senza dogmi, la metafora di Allegri, «è come il vestito grigio: non passa mai di moda. Magari un giorno metti il maglione a quadri, ma il grigio andava 100 anni fa e si indossa anche ora». Galliani gli fece notare una volta «che non è mai successo che la Champions sia stata vinta da una squadra che in difesa giocava a tre», mentre Ettore Messina gli ripeteva che «le grandi vittorie si costruiscono con le grandi difese». D’altra parte, se a marzo l’Italia si ritrova di nuovo senza nessuno in Champions e una sola squadra in Europa League, «c'è da riflettere». «Dobbiamo mettere di più al centro il giocatore. Parlo dei settori giovanili, dove vanno insegnate tattica, tecnica e soprattutto tecnica in velocità. Ma parlo di tutti, se ci lamentiamo che andiamo in Europa e gli altri passano il pallone a cento all’ora... mi spiace dirlo, ma ho l’impressione che i calciatori siano diventati lo strumento per far vedere quanto è bravo l’allenatore». Per Allegri, invece, «gli allenatori bravi sono quelli che vincono e creano valore. La tattica c'è e serve, nessun allenatore non organizza la sua squadra: ma il calcio è fatto da gesti tecnici all’interno di un’organizzazione, bisogna tornare all’abc del calcio». Il mestiere non si insegna e non si spiega: «Fare l’allenatore è molto difficile, non si può spiegare come si fa l’allenatore. Ci sono gli allenatori dal lunedì al sabato che è un mestiere, la domenica è tutta un’altra roba perché c'è la gestione dell’imprevisto. Non c'è scritto sui libri come si fa, l'allenatore vive di sensazioni, Capello non sbagliava mai le sostituzioni per esempio. La comunicazione, la gestione delle risorse umane, sono cose che contano molto in questo tipo di lavoro». Sprazzi di attualità in quasi 90' minuti di chiacchierata da innamorati del calci. «Il Real mi cercò tre anni fa ma dissi no, ero in parola con i bianconeri"; dopo cinque anni era naturale dividersi dalla Juve, decise Agnelli, con lui ho un ottimo rapporto». E ancora: «Voglio tornare, Spagna e Inghilterra hanno grande fascino, magari anche l’Italia...La Juve? E’ impossibile dirlo...». Su Pirlo: «Ci vuole calma, bisogna trovare i giocatori con caratteristiche che si completano. Se vincesse la Coppa Italia e entrasse in Champions comunque sarebbe una stagione buona». Parola di Allegri: cinque scudetti alla Juve più uno al Milan, due finali di Champions. Si faccia avanti chi ha voglia di un allenatore che è come un bel vestito grigio: più affidabile e vincente delle mode.