Venerdì 15 Novembre 2024

Il palermitano Cecchinato: "Il tennis azzurro vive una favola"

Marco Cecchinato

Marco Cecchinato, come ci si sente a far parte dei magnifici 10 alfieri del tennis azzurro che, in questa settimana, con la loro presenza tra i primi 100 giocatori della classifica mondiale, hanno stabilito un record per il nostro sport? «Sono orgoglioso di far parte di questo gruppo da favola che ha stabilito un primato storico per l’Italia. In tanti, nell’ultimo periodo, abbiamo raggiunto traguardi strepitosi e il risultato complessivo non poteva che essere così gratificante. Certo, io oggi mi ritrovo dietro a parecchi compagni d’azzurro e questo deve rappresentare un grande stimolo: ora tocca a me tornare a vincere con continuità, per avvicinarmi a loro». A maggio di tre anni fa l’exploit che vale un’intera carriera ti ha proiettato al numero 16 del mondo: le semifinali al Roland Garros, battendo Djokovic, oltre a tre tornei vinti. Poi si è spenta la luce. Perché? «Dopo Roma 2019, un paio di sconfitte consecutive mi hanno fatto perdere fiducia e il finale di quella stagione non è stato sicuramente positivo. Nel 2020 l’eliminazione al primo turno a Buenos Aires, torneo che mi ero aggiudicato l’anno prima, mi ha fatto perdere tanti punti. Poi a marzo la pandemia ha bloccato tutto e alla ripresa dell’attività mi sono ritrovato con una classifica non bella. Ma da quel momento è iniziata la mia ripresa, con la finale dello scorso ottobre in Sardegna e il terzo turno a Parigi come momenti più importanti». E in questa stagione – che adesso, per oltre un mese, presenterà i tornei sul rosso in Europa – qual è il tuo obiettivo? «L’inizio non è stato facile poichénei tradizionali appuntamenti in Sudamerica sulla terra battuta ho incontrato tre avversari di valore e in forma che mi hanno sconfitto al termine di incontri comunque combattuti. Con il mio coach Max Sartori abbiamo, quindi, deciso di non andare a Miami, ma di affrontare un ciclo di allenamenti a Vicenza per migliorare la preparazione in vista dei tornei che si susseguiranno praticamente ogni settimana. Mi sento bene, la stagione è appena cominciata ed è lunga, dopo la nascita di mio figlio vedo le cose in maniera diversa e sono pronto a tornare ai miei massimi livelli. L’attuale classifica non mi piace, soprattutto dopo aver raggiunto la Top 20, ma a 28 anni sono convinto di poter dare ancora tanto al tennis». Il talento Jannik Sinner simbolo del tennis italiano di oggi e del futuro. A Miami è, però, mancata la ciliegina sulla torta... «La finale del primo Master 1000 dell’anno è stata differente dal solito ed ha regalato una ventata di novità perché in campo non c’erano i nomi della Top Ten ai quali siamo abituati. Jannik ha perso, ma per vederlo trionfare è solo questione di (poco) tempo. Ha davanti a sè una carriera pazzesca e mi sbilancio: presto sarà tra i primi 5 del ranking. Sinner spinge, mette pressione, è sempre freddo e determinato ed ha un ottimo team. Certo, perdere una finale così prestigiosa fa male, ma la partita è cambiata sul 6-5 e servizio in suo favore: avesse chiuso positivamente il set, forse ora staremmo a parlare della sua prima, grande impresa». L’eterno Federer, giunto alla soglia dei 40 anni, per quanto sarà ancora protagonista della scena? «Io spero, innanzitutto, che Roger possa giocare fino a 50 anni! Nel circuito è una presenza straordinaria e stimolante, un atleta che è piacevole incontrare sui campi, in spogliatoio, nella zona lounge. Federer è uno di noi, anche se lui è il tennis. Ovviamente non sarà facile rientrare dopo un lungo periodo di assenza. E lo stesso discorso può valere per Djokovic e Nadal, che stanno giocando poco in questo periodo. Ma considerato che stiamo parlando dei campioni che hanno reso grande il tennis, non mi stupirei se il loro dominio dovesse continuare ancora a lungo». E nell’immediato, chi vedi possibile numero 1? «Il russo Medvedev». Il tennis e le “bolle” anti-Covid: giocare e girare il mondo continua a non essere facile... «Vivere in una bolla per quanto mi riguarda è davvero pesante. Mi rendo perfettamente conto che è l’unica soluzione per andare avanti, ma non vedo l’ora che questa tragedia per l’umanità possa finire attraverso il vaccino che, spero, di poter fare al più presto. Anche qui in Sardegna (dov’è partito bene, battendo in tre set Fabbiano, ndc), ci manca soprattutto il contatto con il pubblico e il suo calore. Il tifo - anche contrario - che è l’essenza dello sport, per me è fondamentale e non se ne può fare a meno». Quanta nostalgia hai della Sicilia? «Parecchio. Da quando è cominciata la pandemia non sono più tornato a Palermo. Vivo con la mia famiglia a Brescia e quando tutto finirà e gli impegni agonistici me lo consentiranno, la prima cosa da fare sarà abbracciare i miei cari e gli amici, respirando quel profumo unico e rigeneratore che solo la mia Sicilia sa trasmettere».

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