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Fiore, l’assist... del conterraneo: “Berardi è finalmente maturato”

L'ex azzurro esalta il cosentino del Sassuolo: “È un perno di questa Nazionale”. E poi indica le sue favorite: “Francia e Portogallo davanti alle altre”

Stefano Fiore

Non c'è Italia senza cosentini. Un ritornello ripetuto per anni. Una volta chiusa la parentesi dei Fiore, dei Perrotta e dei Gattuso, però, la terra bruzia ha faticato a inserire un proprio “figlio” negli ingranaggi della Nazionale italiana. Ci ha pensato il ct Roberto Mancini a rispolverare la tradizione, convocando Domenico Berardi. Alle porte dell’Europeo, l’esterno offensivo del Sassuolo riceve un’investitura “pesante” direttamente da un conterraneo che con la maglia azzurra ha sfiorato, da protagonista, la vittoria nell’edizione del 2000: Stefano Fiore, appunto. «Berardi è migliorato tantissimo», assicura l’ex giocatore e ds del Cosenza, «smussando alcuni angoli caratteriali che ne avevano frenato il salto di qualità. Ricordo delle banali espulsioni o degli atteggiamenti poco consoni a un giocatore del suo livello. Adesso ci siamo: non è un caso che stia rimanendo in pianta stabile in Nazionale. Lo vedo molto più concentrato in campo. Se a ciò ci abbinano le grandi qualità tecniche, il profilo del giocatore diventa molto interessante. Credo in lui».

Un endorsement speciale

Ma Berardi non è l’unico giocatore su cui sono riposte le speranze azzurre. C’è grande, grandissima curiosità attorno a un altro giocatore del Sassuolo: Raspadori. Convocato a sorpresa dopo un finale di campionato in crescita. Un jolly “fresco” da poter calare nei momenti di maggiore difficoltà. «Non si tratta di uno schiribizzo del tecnico», assicura Fiore, «perché il ventunenne neroverde è stato inserito nella lista dei 26 con cognizione di causa. Può tornare utile per sparigliare le carte, Mancini ne vuole sfruttare entusiasmo e duttilità. Ha davanti Immobile e Belotti, ma può comunque tornare utile».

I tempi laziali al fianco del predestinato (ct) Mancini

Già, il “Mancio”. Uno dei giocatori-tecnici che ha lasciato il segno in vario modo nella storia italiana. Fiore ci giocò insieme ai tempi della Lazio. «Sin da allora erano chiare le doti di leadership», sottolinea, «e le capacità empatiche nello spogliatoio. Questo gli torna utile nella sua esperienza di allenatore, anche se a volte per via della personalità, può andare allo scontro con qualche giocatore. Ma all’Italia ha dato una mentalità chiara. La vittoria pesante contro la Repubblica Ceca, seppur in amichevole, testimonia che la squadra è già entrata nel mood Europei. Potevano risparmiare qualche energia, invece hanno spinto al massimo conquistando un risultato molto pesante. Ottimo segnale».

Le differenze con la “sua” Italia

L’Italia di oggi ha qualcosa in comune con quella che 21 anni arrivò a un passo dalla gloria. Ma non troppo, assicura Fiore. «Non giudico l’aspetto tecnico, però di sicuro questa Nazionale arriva all’appuntamento internazionale con un carico di pressioni nettamente inferiore. Sono altre le squadre che devono dimostrare di poter puntare alla vittoria finale, mentre gli azzurri possono giocarsi le proprie carte con serenità. Nel 2000 noi avevamo un compito ingrato: essere consapevoli della nostra forza. Credo che gli azzurri possano puntare a giocarsi un posto in semifinale. Poi, si vedrà». Quattro le squadre che, a detta dell’ex centrocampista della Nazionale, si contenderanno lo scettro più prestigioso. «La Francia e il Portogallo sono davanti. La Germania “arriva” sempre», pronostica, «e anche il Belgio, da numero 1 del ranking, ha buone chance. Occhio alla Turchia: ha diversi giocatori che militano nei campionati che contano».

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