Orfanotrofio, abusi e malattia: alle Paralimpiadi la favola di Oksana. Da Chernobyl ad atleta totale
«Quando riesci a immaginare qualcosa, puoi essere quella cosa e perfino raggiungerla», aveva detto in una recente intervista, e la sua vita è lì a dimostrarlo. Il suo calvario era iniziato alla nascita con un’emimelia peroneale, vale a dire senza l’osso perone, un solo rene e uno stomaco ridotto. Abbandonata dai genitori, in orfanotrofio subì abusi sessuali e psicologici, come lei stessa ha raccontato, ma fu salvata dall’insegnante di logopedia Gay Masters che non aveva figli e nel 1996 la portò negli Stati Uniti dove la fece curare. Lì ha dovuto subire l’amputazione delle gambe sopra il ginocchio, la prima a nove anni e la seconda a 13. in seguito è stata sottoposta a ulteriori operazioni alle dita di entrambe le mani in modo da compensare la mancanza dei pollici. Nel frattempo Oskana fu avviata allo sport, a partire dal paracanottaggio, disciplina nella quale vinse una medaglia di bronzo alle Paralimpiadi di Londra nel 2012 in coppia con il veterano di guerra Rob Jones, che aveva perso entrambe le gambe nel 2010 durante una missione in Afghanistan. Dopo il podio paralimpico, Oksana inizò a soffrire di problemi alla schiena e così si diede all’handbike e allo sci di fondo. Nell’handbike è arrivata quarta alle Paralimpiadi estive di Rio 2016 e da fondo e biathlon sono arrivate altre medaglie ai Giochi paralimpici invernali di Sochi nel 2014 e a Pyeongchang nel 2018, di cui due ori, tre argenti e due bronzi. Oksana non si è mai fermata: quando non si allena per le sue discipline ama nuotare, fare campeggio e gite in montagna. «Mi piace fissare l’asticella a un’altezza irrealistica», ha detto una volta. La madre, Gay Masters, in una toccante lettera aperta del 2018 la ringraziò con questo messaggio: «Hai obbligato tutti noi a ripensare ciò che la disabilità rappresenta».