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La Vuelta è fiamminga: la “resurrezione” di Evenepoel, che primeggia a Madrid

Evenepoel in lacrime dopo il trionfo

Cadere, rialzarsi e ricominciare. Remco Evenepoel, saldati i conti con la Dea bendata per aver rischiato la vita al Giro di Lombardia 2020, è rimontato in sella e ha ricominciato a costruire qualcosa d’importante. Salendo sul gradino più alto della 77/a Vuelta, dopo la passerella a Madrid, il giovane belga deve avere rivisitato il film degli ultimi due anni: la 'morte' e la resurrezione sportiva, i tormenti e i dubbi che lo hanno più volte fatto fermare e anche pensare al ritiro. Il trionfo è una rivincita e una liberazione: per lui e per il Belgio. Da 44 anni, infatti, la nazione che vive di ciclismo non vinceva un grande giro: l'ultimo fu Johan De Muynck che, nel 1978, arrivò a conquistare il Giro d’Italia con l’aiuto di Felice Gimondi.
Adesso è toccato a un 22enne fiammingo che troppo frettolosamente in molti hanno accostato a Eddy Merckx. Dopo tre settimane dure, Evenepoel si è guadagnato la passerella finale di Madrid, una tappa di soli 96,7km con partenza da Rozas e dieci giri del circuito nella capitale. L’'ultima vittoria è andata al colombiano Juan Sebastian Molano che in volata ha sorpreso tutti, compresi gli specialisti Mads Pedersen e Pascal Ackermann, arrivati nell’ordine alla sua ruota.
«E' il giorno più bello della mia vita - le parole a caldo del corridore che ha interrotto l’egemonia slovena di Primiz Roglic (tre volte vincitore di fila) -. Penso di avere messo a tacere tutte le critiche. Ho pensato a tutti i sacrifici, non è stato facile per me ricominciare. Quella caduta al Lombardia e poi tutta la fatica per tornare ai miei livelli. Lo scorso anno è stato molto duro: ho subito tantissime critiche. Anche le ultime tre settimane non sono state facili. La pressione è stata enorme. Volevo salire sul podio e vincere almeno una tappa, ho vinto la Vuelta e anche due frazioni. Direi che non poteva andare meglio».
Evenepoel ad aprile aveva fatto sua la Liegi-Bastogne-Liegi, dimostrandosi anche un corridore da grandi classiche. «Ho 22anni ed è il mio quinto in bici; l’incidente ormai è passato e mai come alla vigilia della Vuelta la mia condizione era stata così perfetta». Chi esce con le ossa rotte dalla corsa a tappe spagnola è Roglic, coinvolto in una caduta e costretto ad alzare bandiera bianca. Lo sloveno, tuttavia, era già stato messo alle corde dal fenomeno Evenepoel. Può dirsi soddisfatto Richard Carapaz, che pure era in Spagna per vincere. Il costaricano ha vinto tre tappe super, non una magra consolazione.
Bene anche lo spagnolo Juan Ayuso: era alla Vuelta per fare esperienza, si è preso addirittura il terzo gradino del podio, alle spalle di Evenepoel e del connazionale Enric Mas, anche lui al top. A pezzi, invece, il ciclismo italiano: dopo Vincenzo Nibali (all’ultima grande corsa a tappe di una grande carriera), ai saluti, e l’assente Damiano Caruso, non riesce più a esprimere un corridore competitivo, come conferma il 36/o posto di Edoardo Zambanini.

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