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OlimPILLS, i 23 giorni di Sofia Goggia: dal dramma della rottura del ginocchio al podio di Pechino 2022

«Ho odiato ogni minuto di allenamento, ma mi sono detto, “Non smettere. Soffri ora e vivi il resto della tua vita come un campione”». Nelle parole di Muhammed Alì c’è l’essenza dello sport ad alti livelli. La sofferenza come rendita futura, come gloria eterna. E più si scala la montagna del successo, più c’è da soffrire. Anche perché i campioni non sono mai sazi, appagati. Altrimenti come spiegare le lacrime di Cristiano Ronaldo dopo un rigore sbagliato durante una partita degli Europei - competizione che ha già vinto - o dopo una finale persa in Arabia nonostante alle sue spalle brilli una bacheca stracolma di Lighe, Premier, Champions e palloni d’oro? I campioni sono così.

Sofia Goggia è l’impersonificazione dell’orgoglio di campionessa. Un cocktail di talento e follia, ingredienti che, miscelati nel modo giusto, hanno un effetto clamoroso. Il problema è saperli miscelare bene, perché un eccesso da una parte o da un’altra può creare effetti collaterali.
L’effetto collaterale per Sofia Goggia ha un nome e una data: Cortina, 23 gennaio 2022. La sciatrice azzurra è impegnata nel Super-G. È reduce da successi e prestazioni confortanti, frutto anche di discese al limite dell’incoscienza, ma quel giorno la buona sorte non fa sconti. Soprattutto quando si scende a 110 chilometri orari. Una cunetta - una maledetta cunetta - non le dà scampo. A causa di un taglio di luce fastidioso chiude gli occhi per un istante. Un lasso di tempo brevissimo sufficiente a gettare le basi per il disastro: Sofia divarica gli sci, si libbra in aria, impatta col paletto e finisce a terra. Un infortunio spaventoso. Per qualche secondo su Cortina piomba il silenzio. Poi, spinta dalla voglia di andare fino in fondo, Goggia si rialza in piedi e conclude la prova, ma è molo dolorante.
Gli infortuni, nello sport, vanno messi in conto, anche a livelli altissimi. Si accetta tutto, d’altronde Sofia non è nuova a ko molto pesanti. C’è un fattore, però, diverso rispetto al passato, che rende questa pillola praticamente impossibile da digerire: tra 23 giorni inizia l’Olimpiade invernale di Pechino. E Sofia Goggia è la stella della spedizione azzurra.
Ad appesantire il quadro psicologico, c’è il quadro clinico: microfrattura al perone, distorsione al ginocchio sinistro e lesione del legamento crociato. Resta un filino a scongiurare la rottura di quello stesso legamento. Sofia vi si aggrappa per non cadere nel burrone dell’oblio sportivo. No, non vuole arrendersi, ma dovrà sperare che quel filino, per quanto esile, sia sufficiente a reggere un’atleta che per deformazione professionale i legamenti li maltratta tutti i giorni. “Proviamoci”. La rimonta ha del clamoroso, ma si concretizza di giorno in giorno, seppur non manchino i momenti di sconforto: come quando l’atleta azzurra è costretta a salutare a distanza il resto della spedizione azzurra in partenza per Pechino, mentre lei è ancora alle prese con ginocchiere, squat, pesi e cyclette. Ma non molla, anche se odia ogni istante di quegli allenamenti. Perché le altre sono già lì a prepararsi e lei non è ancora in grado di stabilire se potrà partire. Riscende in pista per testare il ginocchio: non male. Allora sì che si può fare! E alla fine parte anche lei. “Come va va, può capitare anche di cascare di nuovo, di rifarsi male, ma a Pechino si gareggia”.
Arriva il giorno della gara. Un’intera nazione è col fiato sospeso. Sofia arriva al traguardo, rallenta come di consueto dopo aver superato la linea rossa, racchiude la propria energia e stringendo i paletti urla ciò tutto che ha dentro. Ce l’ha fatta e a Pechino porta a casa anche una medaglia d’argento. Lo ha seguito in pieno il consiglio di Muhammed Alì: “Non smettere. Soffri ora e vivi il resto della tua vita come una campionessa”.

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