E’ diventata un caso la partecipazione dell’atleta transgender algerina Imane Khelif al torneo di pugilato delle Olimpiadi di Parigi. Alla vigilia della sfida contro l’azzurra Angela Carini, nella categoria welter, ha preso posizione il ministro dello Sport, Andrea Abodi: «Trovo poco comprensibile che non ci sia un allineamento nei parametri dei valori minimi ormonali a livello internazionale, che includa quindi Europei, Mondiali e Olimpiadi», ha scritto in una nota, nell’evento che rappresenta i più alti valori dello sport si devono poter garantire la sicurezza di atleti e atlete e il rispetto dell’equa competizione dal punto di vista agonistico. Domani, per Angela Carini non sarà così».
Venerdì debutterà nei pesi piuma anche un altro pugile trans, la taiwanese Li-Yuting contro l’uzbeka Turdibekova. Né Khelif nella categoria sotto i 66 chili, né Li-Yuting avevano superato il "gender test" ai mondiali di boxe ma il Cio le ha ammesse entrambe, come già avvenuto ai Giochi di Tokyo nel 2021. Lin aveva vinto il bronzo iridato nel 2023 ma è stata successivamente squalificata, mentre Khelif è stata fermata durante il mondiale a New Delhi per livelli troppo alti di testosterone: in entrambi i casi dai test del Dna erano emersi cromosomi XY, di qui la squalifica per «garantire integrità ed equità della competizione».
Le Olimpiadi ricadono sotto l’egida della Boxing Unit che ha assicurato che «tutti gli atleti» che partecipano al torneo di pugilato dei Giochi «rispettano le norme di ammissibilità e di iscrizione alla competizione» e quelle mediche. Restano i dubbi per la sicurezza della 25enne atleta napoletana.
Il tema delle atlete transgender o con iperandrogenismo è molto scivoloso: da una parte i diritti di chi chiede di esprimersi nella propria identità di genere in ambito sportivo, dall’altro tutela della regolarità delle gare e della sicurezza soprattutto in uno sport di contatto.
Per Abodi «quello delle atlete e degli atleti transgender è un tema che va ricondotto alla categoria del rispetto in tutte le sue forme», ma distinguendo «la pratica sportiva dall’agonismo che deve poter consentire di competere ad armi pari, in piena sicurezza». «E' del tutto evidente che la dimensione dell’identità di genere in ambito agonistico pone il problema delle pari opportunità o delle stesse opportunità. Non a caso, tante discipline sportive hanno posto dei vincoli per le atlete e atleti transgender necessari per poter permettere di gareggiare alle stesse condizioni. In questo caso assistiamo a un’interpretazione del concetto di inclusività che non tiene conto di fattori primari e irrinunciabili».
In una nota il Coni ha fatto sapere di essersi attivato col Cio «affinchè i diritti di tutti gli atleti e le atlete siano conformi alla Carta Olimpica e ai regolamenti sanitari».
Sul tema è intervenuto anche il presidente del Senato, Ignazio La Russa: «Un transgender algerino contro una donna italiana ai Giochi olimpici... è politicamente scorretto dire che tifo per la donna?», ha scritto su Facebook.
Per il leader leghista, Matteo Salvini, che ha ricordato come un’atleta messicana avesse raccontato di aver sofferto come non le era mai accaduto per i colpi dell’algerina, si tratta di «uno schiaffo all’etica dello sport e alla credibilità delle Olimpiadi": «Basta con le follie dell’ideologia woke!», ha invocato.
Barry McGuigan, ex pugile irlandese che ha fatto la storia di questo sport, ha definito «sconvolgente» la scelta del Cio: "Gli esperti di ogni disciplina sanno molto bene che c'è un vantaggio e se questo è un grande vantaggio, chiaramente non è accettabile», ha scritto su X, «è patetico che gli uomini diventino donne per avere un vantaggio nello sport. Cosa stanno facendo le autorità? Nella boxe o in qualsiasi altro sport da combattimento è criminale. Non dovrebbe accadere».
Imane Khelif, da parte sua, ha schivato le polemiche: «Il mio sogno è di vincere la medaglia d’oro», ha detto la 25enne algerina, «se vincessi i miei genitori vedrebbero i grandi passi di una strada sportiva che ho cominciato da bambina. In particolare voglio stimolare le ragazze e i bambini che sono svantaggiati in Algeria quando iniziano a praticare uno sport».
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