Centoquaranta chili di muscoli e una montagna di sorrisi. Teddy Riner, francese di Guadalupe che Parigi 2024 ha voluto come ultimo tedoforo con l’altra figlia dei Caraibi, Marie Josè Perec, vince così. In uno sport, il judo, in cui si perde il sangue dalla bocca o si urla la rabbia, il gigante coloured piazza ippon e poi apre alla gioia sguardo e bocca, con una faccia da attore che di sicuro gli riserverà un futuro, e per ora provoca i giramenti di scatole dei suoi avversari. Stasera, all’Arena 'Campo di Marte', ha sorriso per il suo terzo oro olimpico personale in altrettante Olimpiadi, un record assoluto per la sua categoria, il +100 chili. In finale ha battuto il coreano Kim Minjong, 12 anni meno di lui (23 a 35), mandando in visibilio tutta la Francia con un altra mossa da maestro, l’ippon: tradotto 'un colpo solo'. Saltella sui piedi distribuendo perfettamente il peso e sfruttando altezza e lunghezza delle braccia, cerca la presa, aspetta il movimento dell’avversario e poi fa leva sulla sua forza per ribaltarlo spalle a terra. E sorride, anche nel selfie con Omar Sy, l’attore di 'Quasi Amicì, prima di promettere che intende farlo anche tra quattro anni, a Los Angeles, dove 39 anni «non saranno troppi». Basta guardare gli scatti delle sue innumerevoli vittorie (solo 14 sconfitte in 18 anni di carriera): sempre braccia al cielo e i 36 denti, qualche volte anche irrisorio. Come nei quarti di oggi, quando ha battuto per ippon il georgiano Tushishvili che si è rialzato e gli ha camminato sopra. Lui è stato squalificato, l’Equipe con la sequenza fotografica (celebrativa) ha rivelato che Riner aveva fatto la linguaccia e l'avversario a terra aveva urlato 'che c...fai?'. In fondo, il judo è esattamente questo, la «via della cedevolezza": si ispira al Yijing buddista, secondo il quale l'universo è regolato da correnti che vanno seguite, e sul tatami si vince sfruttando la forza (o la rabbia) degli altri, non la propria. Una questione di equilibrio, che Riner ha raggiunto trasformando i musi duri degli avversari nella fonte della sua eterna serenità. «Ricordo il mio primo oro, ai Mondiali del 2007 a Rio - ha raccontato di recente a GQ France, confermando di essere una star da copertina - Il sorteggio mi mise di fronte al primo turno la leggenda giapponese Kosei Inoue: chiunque avrebbe pensato 'ho perso'. Io ho sorriso». Certo, c'è poco da esser tristi se a 35 anni ti ritrovi con 11 titoli mondiali e una carriera olimpica degna per longevità di mostri sacri come Carl Lewis o Edoardo Mangiarotti. L’oro di stasera è il quarto di seguito, contando quello a squadre di Tokyo, e Parigi la quinta Olimpiade sul podio, con i bronzi individuali di Pechino e Tokyo. «Sono più forte che mai», aveva assicurato prima di salire sul tatami, dove è stato l’unico francese a rispettare i pronostici della vigilia. Ora, va da sé che il trionfo di Parigi farà di Riner ancor di più un’icona, in patria. La Francia lo ama già oltre i suoi successi: lui vive tra Marrakech, dove coltiva l’amicizia col Re, e Parigi, dove vive con la moglie tenuta conosciuta 20 anni fa e tenuta lontano dai riflettori, con i due figli. Al PSG, suo club, ha portato tecniche di allenamento assolutamente innovative e perfino più avanzate di quelle del calcio. Forse anche per questo non è forse più famoso di Mbappè, ma di sicuro più simpatico ai francesi. Anche perché Riner non ha paura di sfidare gli idoli dello sport più ricco, come quando ingaggiò una rissa verbale a distanza con Ibrahimnovic. «Se vuole fare il duro, lo faccia con me...», disse da una delle tante trasmissioni tv di cui è ospite. La risposta dello svedese non si fece attendere, lo scontro rimase solo a parole. E si ci fosse stato, di sicuro uno solo avrebbe riso.