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Il 2024 dello sport ha un nome: Sinner. Brillano anche le conquistatrici della “Davis rosa” e le campionesse dell’Italvolley

Cose dell’altro mondo. Di quel mondo del tennis in cui Jannik Sinner sta riscrivendo le regole con uno strapotere che nell’anno ormai agli sgoccioli l’ha catapultato sulla vetta mondiale dell’Atp. Non può che essere l’alieno di Sesto Pusteria il simbolo di un anno di sport che va agli archivi. La sua impressionante scalata ha fatto da traino a un movimento azzurro sempre più protagonista. Jannik è l’alfiere di un’Italia dello Sport diventata regina laddove per decenni è stata triste spettatrice. La ruota che gira e un fenomeno a prendere quello scettro che fino a qualche mese fa era stato di Nole Djokovic, l’ultimo fenomeno della formidabile triade di immortali campioni – con Roger Federer e Rafa Nadal, of course... – a scrivere le memorabili pagine del tennis degli ultimi vent’anni.
Il 2024 di Sinner sfiora la fantascienza. Il 10 giugno è la data in rosso: è il giorno in cui il nuovo dio del tennis arrivato dal Sudtirol sale sul gradino più alto della classifica scalzando Djokovic, costretto – per un infortunio al ginocchio durante il Roland Garros – ad abdicare dopo 428 settimane complessive da numero 1 al mondo. È l’apoteosi: per la prima volta la bandiera dell’Italia è in cima alla montagna dell’Atp; nemmeno Pietrangeli e Panatta erano riusciti nell’impresa firmata dal 23enne altoatesino. In numeri, Jannik è entrato nella leggenda con gli Slam vinti – Australian Open e Us Open – che lo hanno reso il primo italiano a vincere due Major nella stessa stagione in singolare. Ma mica è finita qui: l’azzurro ha portato a casa anche tre Masters 1000 (Miami, Cincinnati e Shanghai), due 500 (Rotterdam e Halle), le Atp Finals di Torino (battuto lo statunitense Taylor Fritz in finale) e la Coppa Davis bissata a Malaga con tutti gli altri azzurri (Matteo Berrettini, Lorenzo Musetti, Andrea Vavassori e Simone Bolelli; ct Filippo Volandri), per il nostro tennis un risultato inedito, essendo la terza vittoria del trofeo con la prima datata 1976. Sinner in questo 2024 ha perso solo 6 delle 76 partite che ha giocato: ha vinto quindi circa il 92 per cento, percentuale straordinaria e con pochi precedenti nella storia del tennis.
Vittorie che chiamano altre vittorie nel tennis: le ragazze vincono la Davis rosa, la “Billie Jean King Cup” (2-0 alla Slovacchia, riscattata la sconfitta in finale dell’anno prima contro il Canada), con Sara Errani e Jasmine Paolini – a Malaga con Lucia Bronzetti, Elisabetta Cocciaretto e Martina Trevisan; ct Tathiana Garbin – straordinarie protagoniste anche ai Giochi di Parigi 2024 con una medaglia d’oro che fa storia come il bronzo conquistato da uno splendido Lorenzo Musetti. Senza dimenticare la rinascita di Matteo Berrettini: un tennis mai visto a queste latitudini, come se Sinner avesse tracciato la strada verso quell’impensabile diventato realtà.
Ma c’è un’altra meravigliosa fotografia di questo 2024 che il nostro Sport mette in bella mostra nella galleria dei trionfi più belli: l’oro dell’Italvolley femminile ai Giochi. E non è un caso che alla guida di questo gruppo tutto cuore e talento ci sia il mago Julio Velasco. Lui dalla panchina – 28 anni dopo l’argento con gli uomini ad Atlanta ’96 – e Paola Egonu in campo (Mvp della manifestazione) i simboli di una storica prima volta culminata con il 3 a 0 agli Usa campioni uscenti con una prova ai limiti della perfezione. E quel tricolore sventolato nel cielo di Parigi è stato l’attimo più esaltante di un’avventura che è già leggenda.
Ma è stato anche un anno maledetto per il prematuro addio a Totò Schillaci, un eroe “nostrano” diventato leggenda in maglia azzurra nell’indimenticabile Mondiale di Italia ’90 che lo laureò agli occhi del pianeta bomber iridato. Totò Schillaci se n’è andato a 59 anni la mattina del 18 settembre, attorniato dall’affetto della moglie Barbara e dei figli Mattia, Jessica e Nicole. I suoi gol e il suo essere campione semplice resteranno per sempre nella memoria collettiva, soprattutto nei ricordi di quei messinesi che lo hanno visto crescere al “Celeste”, laddove la sua favola ha avuto inizio.

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