Capita che attraverso il ricordo si possa vivere come in un sogno, con immagini e sensazioni che si confondono; ma quando il ricordo è mediato dalla musica tutto diventa chiaro e presente, trasformandosi in un “sogno in musica”. Sul filo delle emozioni di un passato lontano, in un continuo rimando tra canzoni famose e ricordi personali, prende vita uno degli spettacoli più seguiti degli ultimi anni, “Penso che un sogno così”, di Giuseppe Fiorello.
Un omaggio all’amatissimo cantautore pugliese Domenico Modugno, che dopo il successo in teatro dal 2013 al 2018 approda su Rai1 lunedì, in prima serata, con la regia di Duccio Forzano e la produzione di Friends & Partners e Ibla Film. Reduce dal set lametino de “L’Afide e la Formica” e dal successo tv de “Gli orologi del Diavolo”, l’attore catanese ripropone il suo tributo al grande cantante – interpretato nella fiction “Volare” del 2013 – in una nuova versione, che vedrà la partecipazione del fratello Rosario e di quattro straordinarie professioniste: l’étoile Eleonora Abbagnato, la cantante Paola Turci e le attrici Serena Rossi e Francesca Chillemi. Interverrà anche l’attore Pierfrancesco Favino: «Amici che sono venuti a trovarmi e faranno parte di questo racconto a flusso continuo – ha specificato Fiorello – con entrate e uscite magiche, senza presentazione né ringraziamento finale. Con Rosario sarà un momento particolare, totalmente nostro, per voi».
Lo spettacolo è stato presentato in videoconferenza da Giuseppe Fiorello col direttore di rete Stefano Coletta, il vicedirettore Claudio Fasulo ed il regista Duccio Forzano. Tra i ricordi di bambino e i brani più famosi di Modugno, lo showman siciliano racconta due vite lontane e simili allo stesso tempo: quella del padre Nicola e quella del grande artista, accomunate da alcuni significativi dettagli. «Un’evocazione onirica, con una cifra di autenticità spiccata – ha detto Coletta – che oggi, in linea con tutto ciò che abbiamo vissuto, riporta ai legami stretti che ognuno porta nel cuore».
Un progetto coraggioso, che tocca registri diversi, dalla recitazione, alla narrazione, al canto, tenuti assieme dal talento di Giuseppe Fiorello, che per due ore dà vita ad un “one man show” che corre sul filo dell’emozione. Infatti è stata proprio l’emozione del ricordo l’input iniziale al progetto, in una calda estate siciliana di tanti anni fa quando Fiorello, leggendo sotto l’ombrellone “Open” di Agassi, è andato col pensiero al rapporto col padre, finito troppo presto, ma presente nelle sensazioni come «fisico, inteso, caldo, avvolgente».
Poi altri tasselli si sono aggiunti, per comporre la narrazione di un mondo bello e complesso, in cui la famiglia è al centro (lo spettacolo è infatti dedicato alla madre Sara e alla messinese Franca Gandolfi, vedova del cantautore), ma in cui emerge soprattutto il rapporto speculare creato dall’artista siciliano tra il padre Nicola e il grande Domenico Modugno.
Uno show che si preannuncia “ipnotico”, secondo il vicedirettore di Rai1 Fasulo, ma che il suo autore offre al pubblico italiano con profonda gratitudine: «Lì dentro c’è tutta la verità possibile che ho voluto restituire al pubblico che mi ha seguito in 350 repliche – ha detto Fiorello – Racconto i pezzi di una storia legata dalla colonna sonora di Modugno, da cui prende forma un gioco di specchi che ho voluto creare tra Papà e il grande Mimmo. Mi divertiva farli diventare fratelli per gioco: fisicamente si assomigliavano e ci sono delle cose accadute nella vita di mio padre ragazzo identiche a quelle del giovane Modugno».
Il letojannese Nicola Fiorello, come il grande Mimmo, aiutava infatti le giovani coppie di fidanzati a riconciliarsi dopo un litigio con le sue serenate, così come entrambi erano legati al pezzo “Amara terra mia”, evocatore del forte legame con il paese d’origine. «Si assomigliavano anche nel carisma – ha ricordato l’attore – nei pugni sempre stretti e gli occhi pieni di speranza e voglia di vivere, e con la volontà di emergere tipica di chi ha visto la guerra.
In mezzo a questi due personaggi simili ci sono io e il destino che ha voluto che quel ragazzino cresciuto a pane e Modugno diventasse un attore e interpretasse nella finzione cinematografica il grande mito di cui il padre narrava e cantava le canzoni».
Lo spettacolo è un po’ questo e molto altro. Della versione teatrale c’è tutto, sebbene manchi il pubblico dal vivo che, secondo Fiorello, rendeva la sua narrazione in musica un rito: un incontro tra persone che ascoltavano il racconto di un ragazzo in cui era possibile rispecchiarsi. Ma gli autori (lo stesso Fiorello e Vittorio Moroni) hanno scelto di non far occupare lo spazio dal vivo, per lasciare che i silenzi “poetici” parlassero del difficile periodo storico che stiamo vivendo.
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