Mina Settembre, ma per la fiction nostrana a volte ci vorrebbe uno specialista. Uno bravo
L’illusione che Raifiction con “Mina Settembre” avesse imboccato la strada in cui un tema sociale veniva trattato con misura, leggerezza ed empatia, è durata praticamente venti minuti. Poi abbiamo compreso di trovarci di fronte all’ennesima occasione mancata. Eppure i presupposti per una fiction un po’ impegnata c’erano tutti, a cominciare dall’autore del romanzo dal quale è tratta la storia, Maurizio de Giovanni, scrittore i cui romanzi si prestano all’adattamento televisivo con ottimi risultati, come dimostrano I Bastardi di Pizzofalcone, mentre fra qualche settimana verrà portato sul piccolo schermo il Commissario Ricciardi. La vicenda di Mina Settembre, psicologa che diventa assistente sociale perché avverte la “vocazione” di aiutare concretamente coloro che a lei si rivolgono per risolvere situazioni di disagio, infatti, si prestava ad una trama che univa impegno civile e investigazione. Una figura, insomma, quella di Mina, che coniugava passione e sentimento e che nella semplicità di Serena Rossi trovava la giusta protagonista acqua e sapone. Ma dopo venti minuti abbiamo compreso di essere di fronte all’ennesimo prodotto in cui spiccava la mancanza di coraggio con una sceneggiatura che dalle problematiche sociali virava nella consueta abitudine delle fiction italiane di dar peso al contorno e non all’argomento portante. Perché vero è che Mina Settembre prende a cuore i casi difficili e cerca di essere un empatico punto di riferimento, ma la casistica esemplificativa del disagio e della necessità di un aiuto sul territorio è solo un pretesto ed è trattata banalmente. E non è neanche un giallo, perché vero è che la protagonista cerca di andare alla radice del problema con uno spirito investigativo fai da te, ma il giallo scolorisce nella parodia. Per trovare una giustificazione alla sceneggiatura dovete pensare che gli autori hanno preso spunto dalla complicità femminile di Sex and the City (ma qui gli aperitivi si consumano al Vomero e non sulla Fifth avenue), e l’hanno mescolata con un romanzetto Harmony, in cui Mina Settembre si dibatte nell’indecisione fra il ritorno con il marito magistrato dal quale è stata tradita, ma al quale si rivolge per i casi più critici, e l’attrazione verso il collega ginecologo, anche lui con problemi matrimoniali. Il tutto sullo sfondo di un legame con il padre appena deceduto e la madre tirannica con la quale la protagonista è tornata a vivere dopo il fallimento del matrimonio. Insomma, se c’è qualcuno che, veramente, ha bisogno di aiuto da parte di uno psicologo quella è proprio Mina Settembre. Ma le ci vuole uno bravo.