La bambina che non voleva cantare in realtà è poi diventata una delle voci più intense degli anni Settanta, un’interprete schiva e defilata rispetto allo show business della canzone italiana di quei tempi da 45 giri, in cui la sconosciuta quindicenne Nada Malanima raggiungeva la popolarità al Festival di Sanremo con “Ma che freddo fa”. Qui s’interrompe il film tv trasmesso su Raiuno, nato dal libro autobiografico “Il mio cuore umano”, pubblicato nel 2008. E ben si intuisce, anche se il film non lo racconta, che la svolta autoriale che in seguito ha assunto la carriera di Nada nasce proprio da quei sentimenti contrastanti che durante l’adolescenza ne hanno segnato la vocazione ma che hanno trovato libero sfogo e approfondimento negli anni della maturità. E il pubblico ha apprezzato non poco il film tv, la cui caratteristica principale era quella di raccontare un percorso interiore e non quella di esaltare la leggerezza ye-ye della canzonetta.
La storia che si nasconde dietro il successo discografico della cantante toscana, infatti, è molto più delicata e complessa di quello che, apparentemente, è il suo esordio nel mondo del pop. Una vicenda che il film di Rai1 ha trattato con grazia e, diremmo quasi, accudimento, per una Nada bambina, la cui voce è terapeutica e salvifica per la depressione della mamma. I tratti del film sono abbastanza netti con una grande attenzione nella descrizione di quell’ambiente provinciale nel quale i pregi e i problemi vengono esasperati, una società nella quale i sogni aiutano a vivere e la tenacia ad emergere. Ma soprattutto è il tema affrontato, cioè quello del male di vivere, che trova una sua dimensione sociale e familiare in un periodo in cui la depressione non era neanche considerata.
E quando la voce di Nada viene scoperta ed educata, il canto appare, oltre che una opportunità, anche lo scopo per destare nella mamma quell’attenzione che non esprime e offrirle sostegno. Il rapporto madre-figlia è uno dei tratti più interessanti di quest’opera intima e al tempo stesso pubblica, nella quale il talento e la vocazione al canto sono quasi espressi come un sacrificio in nome non del successo personale ma della possibilità di dare aiuto e conforto.
Una rappresentazione che molto si avvale della bravura di Carolina Crescentini, che riesce a conferire con lo sguardo e il silenzio uno spessore al dolore che la attanaglia. Più defilata ci apparsa invece la giovane Tecla Insolia, che interpreta Nada adolescente.
Persone:
Caricamento commenti
Commenta la notizia