La nostra dichiarata passione per i programmi culinari se vede in Masterchef il suo apice trova in Family Food Fight il suo momento più basso. I due talent di Sky si sono dati il cambio giovedì, con la seconda edizione di FFF. Stessi giurati della prima, Antonino Cannavacciuolo, Joe e Lidia Bastianich, ma versione rimaneggiata rispetto al 2020: quest’anno le famiglie sono titolari di esercizi di ristorazione (tra cui una famiglia calabrese: gli Autelitano, proprietari dell’Agriturismo di Petru i ‘Ntoni di Bova Marina. Antonio, Pietro, Giovanna e Cettina).
In un anno pandemico in cui la cucina è stata uno dei momenti salvifici e le famiglie hanno trovato un passatempo nel dare sfogo alla loro creatività, appare quantomeno fuori sincrono non aver replicato il modulo dell’interazione culinaria fra parenti. Per altro verso è apprezzabile che la gara sia rivolta a famiglie di ristoratori che in questi mesi hanno sofferto per la chiusura forzata delle loro attività, quindi, poter offrire una vetrina televisiva ha una sua motivazione anche in considerazione del premio finale.
Ma questa delicatezza nell’aver scelto ristoranti a conduzione familiare che portano in tavola la tradizione locale non trova poi giusto compenso nella capacità demolitiva della giuria. Va bene che uno dei punti di forza degli show cooking è dare una immagine glamour dei piatti cucinati e che l’impiattamento è diventato il nuovo mantra, ma non crediamo si possa pretendere una raffinatezza stellata dalla trattoria casalinga.
Eppure, sin dalla prima puntata molte sono state le critiche alla presentazione dei piatti, che soffriva anche del poco tempo a disposizione per la preparazione e della pretesa ricercatezza da parte dei giudici. E se la signora Lidia Bastianich aveva una certa tolleranza nei giudizi, espressi sempre in maniera gentile e comprensiva, anche pensando a quelle che devono essere state le sue difficoltà quando anche lei gestiva una trattoria, non lo stesso atteggiamento aveva il figlio. Anche Cannavacciuolo ci è sembrato severo nei giudizi, senza considerare che chi giudicava non era il ristoratore stellato ma un oste della tradizione italiana.
Insomma, uno snobismo che – al netto delle lodi comunque espresse per la famiglia calabrese, che ha convinto con un saporitissimo piatto di pasta e con un riconosciuto amore per il territorio – non ci è piaciuto e che non risponde alla semplicità familiare di uno show del genere. In un momento in cui c’è tanta difficoltà a portare avanti la ristorazione, una cattiva pubblicità che può derivare dal contesto televisivo, travisato dallo spettacolo, non ci sembra la strada da seguire per incoraggiare il settore.
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