Giovedì 26 Dicembre 2024

La fortunata serie tv e nuove edizioni: diavolo d'un Lupin, rieccolo!

Maestro dei travestimenti, re dell’intrigo, principe della menzogna, ladro e gentiluomo. Chi altri, se non Arséne Lupin? Nato dalla penna di Maurice Leblanc nel 1905, questo mitico personaggio attraversa il tempo, rivivendo sotto fogge e sfumature assai diverse. La sua prima apparizione in pagina ci consegna un uomo distinto, affascinante: cappello a cilindro, mantello, monocolo e bastone, inseguito dall’ispettore Ganimard, in un ciclo di avventure esaltanti, fra camuffamenti e furti estrosi (che possiamo goderci nella nuova traduzione, Arséne Lupin. Ladro gentiluomo e altre storie, firmata da Giuseppe Pallavicini Caffarelli per Einaudi, con l’introduzione di Monica Dall’Asta). Lupin approdò con successo sul piccolo schermo, con il volto di Georges Descrières (1930-2013), l’attore della Comédie-Française che nei primi anni 70 lo interpretò in una serie tv da ventisei episodi; decenni dopo, rinasce nei manga con Lupin III e una gang formata dal braccio destro Jigen, il samurai Goemon e la conturbante Fujiko. Cambiano i tratti somatici ma resta il canovaccio: gioielli, intrighi e menzogne mentre Lupin allunga le basette, sfoggia giacche dai colori sgargianti e ha dei modi fanfaroni. Ma resta sempre lui. Al cuor non si comanda, il lato oscuro sempre ci affascina. Il mito di Lupin rinasce e si rinnova, sopravvive – e non è poco – alle descrizioni originali e da ultimo viene completamente riletto e interpretato con successo da Omar Sy (l’attore di origini senegal-mauritiane che abbiamo amato in “Quasi amici”) su Netflix. Dopo la prima stagione, l’11 giugno arriva la seconda ed è stata annunciata la terza con nuovi colpi di scena, ripartendo da Le Havre, la città che ne celebra il mito. Per l’occasione, Salani il 17 giugno pubblica Arsenio Lupin – Il segreto della guglia nella stessa speciale edizione presente all’interno della serie tv e in edizione integrale. Assan Diop, ecco l’identità di Lupin nella produzione Netflix. Gli sceneggiatori François Uzan e Georges Kay hanno ideato una narrazione ad hoc per il 43enne Omar Sy (vincitore di un César, l’Oscar francese), creando qualcosa che va molto oltre le serie riviste e corrette in chiave razziale, rinnovando il mito con coraggio. Non si tratta solo di un nuovo protagonista di colore ma di un figlio della banlieu parigina: Assan Diop si presenta agli spettatori con un lavoro umile nell’impresa di pulizia nottura del Louvre. «Ci chiamano gli invisibili», racconta in una battuta – e inevitabilmente il discorso va sugli ultimi della scala sociale, gli immigrati e chi non ha potere d’acquisto – eppure, a ben vedere, fra un colpo di scena e un cambio di identità sarà proprio questa la forza del nuovo Lupin che non tradisce le sue origini – e per nostra fortuna, non attualizza la trama con falsi storici e anacronismi – piuttosto bada al sodo, rendendo Lupin decisamente più glamour e ironico, al passo con i tempi social. Assan Diop è figlio di genitori emigrati, cresciuto dal padre, un onesto lavoratore che viene accusato di un crimine ingiustamente, suicidandosi in carcere. Assane utilizzerà proprio il libro di Maurice Leblanc su Lupin – un regalo del padre – per ordire un piano di vendetta, fra inganni e travestimenti. E ancora, ci sono echi di Dumas e del suo vendicativo Conte di Montecristo. Ma no, Lupin non è Robin Hood o Batman, non ruba per dare ai poveri e non colpisce mai i deboli o chi non lo merita davvero. Dopo i primi cinque episodi, presto arriveranno altri cinque nuovi episodi, Ludovic Bernard (“The Climb”) e Hugo Gélin (“Love at second sight”) e accanto al protagonista, ritroveremo anche Hervé Pierre, Nicole Garcia, Clotilde Hesme, Ludivine Sagnier, Antoine Gouy, Shirine Boutella e Soufiane Guerrab. Come nasce un mito, invece, è un tema assai più complesso. Lupin prende vita nel 1905 con Marie Émile Maurice Leblanc (1864-1941) nato in Normandia ma di presunte ascendenze messinesi (Leblanc / Lo Bianco?), al quale l'editore Pierre Lafitte chiese di concepire un personaggio francese che fosse in grado di contrastare lo strapotere editoriale dello Sherlock Holmes di Conan Doyle. E così una delle sue avventure più celebri è proprio lo scontro fra titani, “Arséne Lupin contro Herlock Holmes”(1908), senza la “S” ma con pipa, mantellina e quell’atteggiamento altero che faceva storcere il naso ai francesi. Ambientandola durante i fasti della Belle Époque, Maurice Leblanc scrisse una ricca saga di 17 romanzi, 39 racconti e cinque pièces teatrali e c’è chi dice che fu l’anarchico Alexandre Marius Jacob ad ispirare l’autore, con le sue gest audaci e romantiche. Ma un Lupin anti-sistema e no-logo non ha basi logiche, semmai aspira ad una ridistribuzione sociale; difatti, come scrive Gabriel-Aldo Bertozzi nell'introduzione della serie pubblicata da Newton Compton (pp. 224 €5,90), «Lupin non ripulisce tanto i ricchi quanto i mal arricchiti, quei pescecani che si sono ingrassati con mezzi illeciti». Arséne non uccide, il sangue gli ripugna, la violenza non è necessaria se può far ricorso all’ingegno, prendendo per il naso chi vorrebbe catturarlo e metterlo in galera. E una volta messo al fresco, tutti avranno il dubbio: perché si è fatto catturare? Cosa sta ordendo stavolta, Arséne Lupin? Diavolo d’un gentiluomo, Leblanc giocò alla grande le sue carte (divenne ricco e ottenne anche la Légion d'honneur): Lupin si arruolerà in aviazione per difendere l’amor patrio durante la Seconda Guerra Mondiale, sarà un seduttore galante e in fin dei conti, «ruba molto più per piacere che per avidità», diceva Leblanc. Finché la fiction esonda, straripa nella realtà. Maurice Leblanc giunse a convincersi che Lupin esistesse davvero e chi gli stava dando la caccia. L’autore avrebbe voluto divenire celebre come Gustave Flaubert e Guy de Maupassant ma negli ultimi anni di vita si narra che dormisse armato, con la rivoltella sotto il cuscino. In attesa del confronto fatale con il suo Arséne Lupin, ladro e gentiluomo.

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