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"Alfredino, una storia italiana". Ma dallo strazio di Vermicino non abbiamo imparato niente

Con enorme sofferenza, lunedì ci siamo accostati alla visione della serie tv in quattro parti, realizzata e mandata in onda su Sky Cinema

"Alfredino", una scena della fiction di Sky

Con enorme sofferenza, lunedì ci siamo accostati alla visione di Alfredino, una storia italiana, serie tv in quattro parti, realizzata e mandata in onda su Sky Cinema. Un’angoscia, la nostra, che replicava con l’affanno degli eventi ineluttabili quella di quaranta anni addietro, vissuta davanti ad una tv che, quasi inconsapevolmente, rompeva gli schemi della comunicazione. Riportare alla memoria collettiva un dramma di tale intensità, infatti, non ci sembrava tema da fiction e, a prescindere dal giudizio tecnico sull’opera, continuiamo a pensare che l’operazione sia stata mal posta in sé, anche per tutto il can can mediatico che si è mosso da più settimane.

Anche un low profile promozionale, insomma, sarebbe stato più apprezzabile, nonostante vada riconosciuto che la vicenda è ripercorsa con molta sobrietà, senza indulgere nel particolare drammatico. Spiccano, invece, quelle storie che non sempre il racconto televisivo del tempo aveva messo in luce, con l’affanno di quanti cercarono soluzioni per risolvere il dramma, in quella maniera confusionaria e caotica che tutti ricordiamo e che la fiction ha cercato di lasciare senza assoluzioni postume.

Diversamente dai nostri ricordi, nella ricostruzione di Sky, spicca, anche, la figura di Nando, il padre di Alfredino, interpretato da un convincente Luca Angeletti, una partecipazione intensa, come quella di Anna Foglietta nei panni di Franca Rampi, che restituiscono tutta la dimensione dello strazio di una tragedia che cinematograficamente ha due invisibili protagonisti, il pozzo maledetto e la disorganizzazione, due componenti attorno ai quali ruota la sceneggiatura.

L’eredità di Alfredino è sotto gli occhi di tutti nel bene e nel male. Da quella disgrazia, infatti, è nata l’esigenza di creare la Protezione civile, con un coordinamento di attività varie e di qualificazione professionale che più volte, in questi anni, ha dato prova di efficienza. Da quel dì si sono anche scardinati i moduli dell’informazione televisiva. La tragedia di Vermicino, con la sua infinita diretta televisiva, ha segnato uno spartiacque nella storia dell’informazione, facendo diventare per la prima volta un doloroso evento privato il centro della morbosa attrazione pubblica.

Negli anni, purtroppo, non abbiamo saputo fare tesoro di quella terribile diretta televisiva, che nel raccontare di un salvataggio alla fine narrava morte, dolore e sgomento. Del resto, a confermare che non abbiamo imparato nulla e che il trend non conosce pudore, basta solo volgere lo sguardo a pochi giorni addietro, con il video della tragedia di Mottarone.

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