Voi, noi e tutti gli appassionati di “Techetechetè” siamo tristemente consapevoli che, con la fine dell'embargo estivo, dopo il TG torneremo a vedere quei programmuzzi per esperti fisionomisti o incrociatori di pacchi che non lasciano traccia nella memoria. Rimpiangeremo così i collage realizzati con l'enorme e prezioso materiale televisivo custodito dagli archivi Rai, ricamati attorno al disegno di una idea e tessuti con il filo del ricordo. Di ogni puntata di “Techetechete” si apprezzano il tema del giorno, la meticolosità delle ricerche d'archivio, la bravura di coloro che riescono a montare un programma nuovo con vecchi frammenti dal bianco e nero al colore che virava sul verde, e annodano senza interruzioni parole e musica della stessa canzone, ripetuta in epoche diverse, da interpreti vari. Le teche Rai rappresentano un patrimonio storico documentaristico che tramanda la nostra vita trascorsa davanti alla tv, un flashback tridimensionale che ci riporta indietro nel tempo e nello spazio, nella moda e nel modo di essere. Nel futuro, quando saremo colonizzati dagli extraterrestri, i volenterosi compilatori e autori delle Teche Rai avranno lo stesso peso storico che per noi hanno avuto Plutarco e le Vite Parallele, Tacito e i suoi Annali, Vasari e le Vite dei più eccellenti ecc. ecc. Tuttavia - e qui diamo spazio a una riflessione che nulla toglie alla ottima realizzazione della trasmissione - questo incedere nostalgico falsa il confronto dell'evoluzione televisiva. L'impressione che più abbiamo raccolto nella nostra personale indagine è che l'afflusso della memoria di vecchie trasmissioni, in realtà, si confonde con il rimpianto per un'età più giovane e spensierata, ma, soprattutto, fa idealizzare un modo di fare tv che non era né meglio né peggio di quello odierno, ma semplicemente diverso perché seguiva i suoi tempi e i suoi multipli condizionamenti. Certo, all'apparenza era un modo di esporsi più elegante e formale, ma sorridiamo con tenerezza rivedendo alcune ingenuità e genuinità di una televisione d'epoca che, rispetto al pubblico, si poneva quasi in cattedra e non nella posizione diretta e orizzontale, come avviene adesso. Per cui riteniamo sterile il dibattito se fosse meglio la tv di ieri o di oggi (a scapito della quale, bisogna riconoscere, pesano gli eccessi della spettacolarizzazione fondata sul nulla e/o sul marketing), perché non tiene conto del mutato parametro di valutazione che si fonda sulla evoluzione politica, sociale e culturale del Paese. Poi, se proprio bisogna rispondere se «vera gloria» vada alla tv del passato o del presente… ai posteri, no, anzi, agli extraterrestri l'ardua sentenza.