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"Da grande": buon tentativo... ma la Rai deve ancora crescere un po'

Uno spettacolo troppo tradizionale per piacere incondizionatamente ai giovani e troppo nuovo per coinvolgere gli adulti

Né grande, - nonostante il titolo, appunto “Da grande”, né giovane, diciamo invece che lo sbarco di Alessandro Cattelan la domenica su Raiuno, connotato da sapiente abilità, sia per il conduttore che per la rete committente, non ha portato i risultati sperati. E non si tratta solo di audience, ma, a nostro avviso, di una errata valutazione delle potenzialità. Per dirla più facile, né lui, né Raiuno, hanno fatto bene i calcoli con il loro pubblico di riferimento.

Di Alessandro Cattelan, molti conoscono la sua attività, concentrata su Sky, con la conduzione di X Factor e EPCC, ma i non abbonati alla pay tv, probabilmente nemmeno lo riconoscono. Ma l’ambizione di Cattelan si pone alti traguardi e il suo arrivo su Raiuno appare prodromico a ben più eclatanti imprese, non a caso uno dei suoi ospiti della prima puntata, gli ha lanciato un endorsement indicandolo come un futuro conduttore di Sanremo.

“Da grande” è sicuramente, uno show ben scritto e organizzato, che un po’ riproduce e strizza l’occhio a EPCC, un po’ cerca di accontentare il pubblico generalista domenicale, con ospiti conosciuti e riferimenti alla grande tradizione del varietà della Rai, un po’ tenta di deviare su un binario più attuale il concetto di conduzione partecipata, ma che, alla fine, è troppo autoreferenziale.

Il linguaggio dello spettacolo di Cattelan ne esce sicuramente più smart e vicino al sentire dei suoi coetanei quarantenni che sono abbastanza adulti per apprezzare lo sforzo innovativo e sufficientemente giovani per comprenderne la portata creativa, ma comunque, restano un pubblico di nicchia. Dal canto proprio, Raiuno, voleva iniziare una operazione di lifting dello show, affidando, appunto all’esperienza maturata da Cattelan su Sky, più che lo svecchiamento del paludato varietà della tv generalista, il compito di attrarre un pubblico diverso e più giovane, dimenticando, però che lo zoccolo duro del suo telespettatore tipo era difficile da convincere e, probabilmente, ha ritenuto più affine il competitor di Canale 5.

Risultato finale, nonostante la ricchezza della serata, la varietà delle idee e la realizzazione accattivante, “Da grande” era uno spettacolo troppo tradizionale per piacere incondizionatamente ai giovani e troppo nuovo per coinvolgere gli adulti, diciamo anche i seniores, il tutto con l’aggravante di un conduttore, appunto, poco conosciuto a molti.
L’importante, comunque, è non pensare che “Da grande” sia stato un flop, perché, a nostro avviso, tale non può definirsi la resa del programma misurata solo in base al parametro degli ascolti.

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