A voler essere pignoli, non si capisce A casa (di chi) stanno tutti bene, visto che la serie trasmessa su Sky per la regia di Gabriele Muccino è una spirale di guai, problemi, disgrazie, tradimenti e, soprattutto, misteri. Come già abbiamo avuto modo di osservare per Tutta colpa di Freud, trasmessa qualche settimana addietro su Canale 5, in generale diffidiamo delle serie realizzate sulla scia del successo del film che le ha precedute. E dobbiamo confessarvi che, in questo caso, temevamo che le tematiche care a Muccino, ampliate in una serie di episodi e amplificate dall’effetto corale, potessero scivolare impercettibilmente nell’effetto soap opera.
Siamo lieti, quindi, di essere stati smentiti e dobbiamo riconoscere che l’impegno televisivo di Muccino è talmente ricco che è come se il regista avesse avvertito la necessità di sviluppare meglio il racconto cinematografico, quasi fosse stato solo un plot. La sceneggiatura, l’approfondimento psicologico, le vicende singole e collettive, la tensione crescente in ogni episodio, lo sviluppo delle storie dei singoli protagonisti, contribuiscono a fare di questo “family drama” un’operazione ad ampio raggio, completa e certamente appassionante per lo spettatore.
La mano ferma della regia si nota nella capacità di intersecare le varie vicende senza creare confusione o sovrapposizione, nel cercare il particolare anche nell’affresco generale delle due famiglie e nella linearità con la quale il racconto procede sia sotto il profilo cronologico che nello sviluppo psicologico dei caratteri dei personaggi di fronte agli eventi disastrosi che si susseguono. E tanto più è completa la storia, perché, con grande naturalezza, vengono introdotti elementi di vita vera, come malattie, amori, tradimenti, antipatie, problemi con i figli, gestione delle separazioni, che hanno tutti una loro ragion d’essere.
Proprio questa bravura di Muccino e dei suoi sceneggiatori nel dipanare una trama in maniera coerente e plausibile, ci ha fatto riflettere sulla concatenazione degli eventi che possono discendere dalla vita e come, quella che appare una conquistata serenità economica, possa ribaltarsi nell’arco di pochi giorni, destabilizzando posizioni acquisite e certezze familiari. Fra tutti gli attori che in un disegno corale reggono la serie, crediamo che siano le figure femminili a offrire un plus, non solo perché la sceneggiatura le rende più ricche di sfumature funzionali al racconto, ma anche per la bravura di tutte le interpreti. E se di Laura Morante sappiamo le caratteristiche sofisticate che qui si dipanano nella necessità di custodire un segreto, una nota di merito va a Emma Marrone che trasferisce anche nella recitazione la sua genuinità.
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