Ma quanti talenti ci sono nel nostro Paese? E sono veri talenti o personaggi in cerca d’autore? E infine qual è la definizione di talento, necessaria per accedere ad un programma tv? Sappiate che ci poniamo ciclicamente queste domande a ogni trasmissione televisiva dedicata alla scoperta di fenomeni emergenti che, però, così come emergono, si inabissano puntualmente con la puntata finale dello show.
Da mercoledì, le domande di cui sopra, sono dettate dalla nuova stagione di Italia’s Got Talent, su Sky Uno che, con questa, raggiunge le 12 edizioni comprese quelle in onda fino al 2013 su Canale 5, dove nel 2014 è stato sostituito dall’analogo prodotto Tu si que vales. Ora, dopo 12 anni di cui 7 in duplice copia, vale la pena interrogarsi sulla validità di un format che per destare interesse ha moltiplicato i Golden buzzer, uno per ogni giurato, uno per la conduttrice, Lodovica Comello, due per il pubblico, insomma, un rito abbreviato per arrivare alla finale e, soprattutto per evitarci la pantomima dei quattro sì.
Sono molti – se non troppi, infatti, quelli che raccolgono il favore di Frank Matano, Mara Maionchi, Federica Pellegrini ai quali si è aggiunto ora Elio delle Storie tese, una commissione “buonista”, che, soprattutto per i primi tre elementi sta mostrando qualche ruga. Matano, nonostante l’anzianità di servizio maturata, non ha ancora raggiunto l’autorevolezza necessaria e il gioco di squadra appena iniziato con Elio, fra qualche settimana, finirà con l’essere stucchevole. Mara Maionchi, che, a dispetto dell’età, è la più reattiva, sembra un po’ annoiata, ma soprattutto sta rimanendo prigioniera più del suo linguaggio che del suo personaggio. Federica Pellegrini è più sciolta in piscina che sul palco dove è sempre troppo attenta a trovare le parole giuste.
Infine Elio, che certamente, ha competenza di spettacolo e musica (lo dimostra la prontezza con la quale ha riconosciuto la bravura vocale di Antonio Vaglica, cosentino di Mirto Crosia) ma che anche lui, ormai di professione fa il giurato.
Quanto ai talenti, ci sembrano sopravvalutati, bravi sì, ma di mestiere come i maghi, per allenamento – come i ballerini, il coro e le crew - o per arguzia, fatti tutti che dimostrano che la bravura si può raggiungere con applicazione e sacrificio, ma il talento è diversamente valutabile. Resta, quindi, lo show e, quello, nelle sue varie modalità, è perfetto, calibra l’intrattenimento con la curiosità per confezionare un varietà moderno di arte varia, cosicché, adesso, sarebbe anche arrivato il momento di smetterla con l’etichetta del talent.
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