L'amica geniale - storia di chi fugge e di chi resta, domenica su Raiuno è giunta al terzo libro della quadrilogia di Elena Ferrante. Daniele Luchetti ha sostituito Saverio Costanzo alla regia ma la qualità del prodotto è rimasta alta e, così, il gradimento del pubblico, con oltre il 22 % di share raggiunto nell'ultima puntata. Il cambio di passo nella regia si inserisce opportunamente in una trama più aderente alla cronaca, per il periodo storico nel quale comincia a farsi largo una coscienza civile e sociale, sia per i diritti dei lavoratori che per la condizione femminile, anche se l'universo di Elena e Lila, resta ancorato ai loro contesti familiari e alla loro fatica di esprimersi. Ancora una volta il loro rapporto è ambiguamente sospeso fra l'amicizia, la memoria, la consapevolezza che, probabilmente, a parti scambiate, le sorti sarebbero state diverse e, ciò, a nostro avviso, lascia irrisolto il sentimento sottile dell'invidia e della rabbia. Il successo dell'una raggiunto con la pubblicazione di un libro e la tenacia dell'altra che accetta un lavoro insalubre e sottopagato pur di liberarsi da un amore malato, dipendono dal carattere e dalla forza delle scelte e solo in parte dal destino. Il racconto della realtà si snoda anche attraverso sentimenti non espressi e c'è sempre questo sottofondo di dolore e mestizia, che diventa percepibile non solo nelle storie che le protagoniste attraversano ma anche nell'accettazione di alcune ineluttabili situazioni e nell'incapacità di esprimere fino in fondo le proprie emozioni. Luchetti raffigura una borghesia che non riesce ad avere uno scatto culturale nonostante le acquisite potenzialità, e rimane confinata in una modernità di facciata. Si intravede, per esempio, nelle parole della futura suocera di Elena, la limitata considerazione del ruolo ancillare che una volta diventata moglie, la ragazza dovrà assumere, e nelle puntate che seguono si comprenderà quale sarà l'atteggiamento del futuro marito. Nonostante il successo, l'ottima realizzazione e la capacità di tutti gli interpreti nel saper trasferire le sensazioni che stanno alla base della saga della Ferrante, arrivati a questa terza serie, non possiamo, però, non nascondere una perplessità, dovuta alla mancanza di sintesi del racconto, ma soprattutto, alla eccessiva aderenza al testo. Un libro si apprezza anche per l'idea che fa nascere in chi lo legge, ma in questa trasposizione, ci vediamo quasi costretti a non poter immaginare diversamente. Ne sarà lieta l'autrice perché i suoi scritti non sono stati traditi, ma ci sentiamo un po' legati come lettori.