Il prison drama non è un genere che appartiene alla cultura televisiva italiana, a differenza degli Usa che vantano anche una cinematografia con titoli di spessore, per questo «Il Re», la serie in onda su Sky, non può che destare interesse, sia per il tema affrontato che per la realizzazione. Se da poco il film «Ariaferma», con Servillo e Orlando, aveva offerto uno spaccato dell’umanità carceraria, qui già dal titolo si comprende che l’argomento è ostico, perché il re è il direttore del carcere, Bruno Testori, impersonato da Luca Zingaretti, che ha sostituito la propria legge a quella dello Stato e amministra il penitenziario con metodi personali e discutibili.
Testori si avvale delle guardie penitenziarie quasi come pretoriani, usa sistemi di controllo non autorizzati per spiare i detenuti, il suo rapporto con i reclusi passa dalla compassione opportunistica all’intransigenza assoluta se non alla cattiveria. I suoi personalissimi metodi che non contemplano alcun giudizio morale, tuttavia, sono destinati a scontrarsi con l’indagine che segue alla morte violenta del capo delle guardie carcerarie e, successivamente, a quella del detenuto che rappresenta il suo più fidato informatore. Testori è un uomo tormentato, cupo, spregiudicato, ambiguo e questa sua predisposizione d’animo, unita all’ambientazione della serie, girata in un vero carcere dismesso e in un sezione di altro penitenziario italiano, amplificata dalla penombra delle immagini e da un malessere tangibile che la sceneggiatura sa ben trasferire, contribuisce alla costruzione di un prodotto quasi claustrofobico, che trasuda violenza e cattiveria.
Zingaretti offre una notevole prova attoriale, con una recitazione per sottrazione, interpreta il personaggio con il volto sempre scuro, movimenti secchi e perentori, ma con la stessa bravura sa dare conto allo spettatore anche dell’amore struggente per la figlia malata, cancellando dai suoi tratti la durezza con la quale divide et impera nel carcere.
Insomma ne “Il Re”, sembrano essere riproposti in chiave insolita tutti i canoni della tragedia classica, la contrapposizione del conflitto fra l'agire politico e l'agire morale, inteso nella concezione di Testori, il coro dolente dei detenuti, l’antieroe-direttore del carcere, portatore di una sua morale malata che si scontra con Laura Lombardo, la Pm che segue le indagini, interpretata da Anna Bonaiuto, antagonista che incarna quella giustizia della quale Testori ha una visione del tutto personale.
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