Avvertenza. Il pezzo che state per leggere abbonda di «se». Perché, siamo onesti, se la Russia non avesse invaso l’Ucraina, se il presidente Volodymyr Oleksandrovyč Zelens'kyj non fosse stato l’attore protagonista di «Servant of the people», se la trama della serie e i fatti avvenuti non avessero sovrapposto la realtà alla fantasia, probabilmente non avremmo visto la serie molto opportunamente da lunedì trasmessa su La7. A memoria di (C)uomo, infatti, neanche quando Reagan fu eletto presidente degli Usa ricordiamo una simile celebrazione delle sue opere cinematografiche, ma tale è l’ambivalenza della fiction ucraina, che il prodotto, pur meritando assolutamente la visione, lascia comunque una certa delusione. È lecito pensare che «Servant of the people» abbia destato interesse per la contingenza bellica, ma vero è che in periodo non sospetto aveva raccolto vari riconoscimenti internazionali. Dal punto di vista strettamente televisivo, infatti, siamo abituati a produzioni qualitativamente più raffinate, anche se non sfuggirà che l’inquadratura iniziale del protagonista ricorda molto da vicino la sigla di «The Young Pope». La lentezza di alcune scene e l’ingenuo sviluppo delle situazioni non fanno certo pensare a un capolavoro, ma a qualcosa di già visto anche nella nostra cinematografia, non senza però il dolore nel pensare che la bella Kiev delle immagini è ora una città distrutta. Tuttavia, l’efficace intento satirico si coglie soprattutto dopo le elezioni che impongono al professore un restyling della sua modesta apparenza (invogliandolo a scegliere anche un costoso orologio come quello che indossa Putin) ma soprattutto perché dai colleghi ai vicini di casa, fino alla sua ristretta cerchia familiare cambia il modo di atteggiarsi nei suoi confronti. Ed è nel confronto fra la considerazione dell’uomo che tutti avevano prima e dopo che si comprende come non sia il protagonista ad assumere un carattere diverso, ma piuttosto gli altri che lo circondano ad essere suggestionati dal ruolo che ricopre e dal fatto che possano trarne un qualche beneficio. Un tratto riconoscibile anche in alcune situazioni che abbiamo visto nel nostro Paese... Per questo la fiction, alla fine, ha un respiro molto più ampio di quello che si può immaginare. E poiché il presidente-professore non cede alle lusinghe del ruolo, ma mette in pratica la sua opera risanatrice, comprendiamo il motivo per cui, sovvertendo le regole, la realtà si sia impadronita della fiction.