Questo sito contribuisce all’audience di Quotidiano Nazionale

Inutile: Don Massimo è caruccio, ma non sarà mai Don Matteo...

Il dibattito è esistenziale, nel senso della sua esistenza e permanenza in tv. In sintesi, una volta che un attore che si identifica con un personaggio di una fiction decide di ritirarsi dalle scene, può il suo ruolo essere ricoperto da un altro interprete? Nello specifico: Raoul Bova che è Don Massimo che fa Don Matteo, è un efficace sostituto di Terence Hill?

La nostra opinione è che la prova sia stata superata al 50%, nel senso che gli sceneggiatori di una delle fiction più amate e longeve della tv italiana hanno adottato vari espedienti per far digerire il cambio. Il primo è stato far uscire di scena il protagonista vero pur lasciando una porta aperta per il suo ritorno, poi hanno sostituito non il personaggio in sé ma il ruolo che ricopre, hanno mantenuto immutato il titolo della serie in Don Matteo anche se ora chi ne ha preso il posto si chiama Don Massimo, e ciò per non turbare la serenità dell’audience. Infine, han dato prevalenza all’impianto collaterale delle storie e posto temporaneamente in ombra il plot “giallo”.

Il turn over ha avuto una gestione perfetta, perché saggiamente la produzione, con una inesorabile campagna di stampa, ha gradualmente predisposto il pubblico all’accettazione di Bova-Don Massimo e nei singoli episodi ha sceneggiato la diffidenza dei parrocchiani verso il nuovo parroco fino alla completa integrazione, quasi proiettando la perplessità degli spettatori nello stesso tessuto della fiction.

Ora, il pacato Don Massimo è un parroco 2.0 che ha ripreso in maniera “moderna” le abitudini di Don Matteo, al posto della bici va in moto, non indossa la tonaca ma una giacca tecnica e la t shirt con il crocefisso, ma soprattutto la sua fede non si nutre di incrollabili certezze ma di salvifici dubbi, risultando più vicino ad una nuova generazione di spettatori.

Per altri aspetti, invece, le vicende “crime” sembrano più scolorite mentre risultano amplificate le storie di contorno nelle quali è Cecchini-Frassica che conduce il gioco, diventando a tutti gli effetti quasi il vero protagonista della serie. Anche questo gioco di prospettive, che sposta l’attenzione dal personaggio principale, riteniamo sia stato fatto ad arte dagli sceneggiatori per dare continuità al pubblico sulle storie lasciando che Don Massimo si ambienti a poco a poco nell’immaginario del telespettatore.

Tutto ciò per dirvi che Don Massimo è bravino ma non bravissimo e comunque non è Don Matteo, che uno a Bova se lo immagina di più mentre bacia una squinzia piuttosto che mentre dice messa e che, a parità di condizioni e di fiction, se un giorno Mimì Augello fosse promosso e messo a capo della polizia di Vigata, non avrebbe più senso il commissario Montalbano.

Caricamento commenti

Commenta la notizia