E niente. Non ce l’ha fatta. Ché tutto aveva provato, povera stella: prendere il passaporto di San Marino, addobbarsi come un cowboy di lusso, mimare un rodeo con un toro meccanico gender fluid, slinguazzarsi con Boss Dom secondo un copione già visto. Ma niente. L’implacabile televoto, al quale giovedì non poteva sfortunatamente partecipare il pubblico italiano, ha lasciato Achille Lauro ai blocchi di partenza, preferendogli improbabili cultori degli anni 80, e financo i finlandesi Rasmus, coi loro impermeabili gialli da pescatori di merluzzo e i palloncini in tinta ormai snobbati anche dalle ludoteche.
E pensare che i finnici non erano neanche i più stravaganti, perché si spaziava dai georgiani Tbilisi Circus Mircus, gruppo di saldatori reduci da Waterworld, a Konstrakta, cantante serba, che ci ha serbato una performance stile Marina Abramović, mentre alla Venere del Botticelli si ispirava la cantante cipriota, sostituendo la conchiglia con una specie di cozza luminescente. Alla finalissima di sabato non è passata neanche Emma Muscat, che da Malta anni fa era sbarcata ad Amici, segno che la De Filippi in campo europeo non sembra ben piazzata, a differenza di X Factor, dalle cui edizioni nazionali provengono molti dei cantanti in gara.
Quanto ai nostri tre eroi presentatori, Mika sfoggia completi sempre di colori diversi che sembra aver tratto ispirazione dal pantone delle compiante giacche di merkeliana memoria, mentre la Pausini si è affidata ad Alberta Ferretti, che giovedì l’ha vestita di rosso, di nero con le ali e di bianco per il bel duetto con Mika sulle note di «Fragile» di Sting. Al parrucchiere della Pausini, invece, probabilmente si era rotto il phon e ha rimediato con una acconciatura grondante di gel che sostituiva l’effetto bagnato con l’effetto unto. I tre, Cattelan compreso, almeno giovedì li abbiamo ascoltati in viva voce, con un minore impatto dei commentatori da studio, fra i quali spicca sempre Mago Malgioglio, sempre con un outfit di conclamata sobrietà di fronte al quale i ragazzi del Volo (uno dei quali per il Covid era in smartsinging) con le loro giacche di ecopelle nera sembravano pronti per un funerale rock.
Il vero protagonista dell’ESC però, sicuramente è il drone, che prima di ogni esibizione svolazza su tutte le bellezze italiane, facendo conoscere in tutto il mondo (e anche a noi italiani) un impagabile patrimonio artistico, naturalistico e architettonico. Una splendida vetrina per mostrare le innumerevoli meraviglie del nostro paese, perché, diciamolo, l’Eurovisionsong contest è una irripetibile occasione internazionale per incentivare il turismo, ma a noi bastano le Pro loco.
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