La confusione, geografica e musicale, che ci ha lasciato questo Esc ci costringerà a sedute di recupero con l’atlante – scusate, con Googlemaps – alternate con ripassi di melodie tipiche, per ripristinare alcune certezze acquisite negli anni e infrante in una sera. E meno male che la Pausini ha cantato il nostro inno nazionale, «Volare», perché, a parte i norvegesi ammessi di default al Cantante Mascherato, o l’australiano che con la sua tendina di swarovski ci ha de-geolocalizzato dall’Europa, ma come la mettiamo con le islandesi che sembravano uscite da un saloon, con lo svizzero emulo di Michael Bublè o la canzone della Romania in perfetto stile Ricky Martin? Quelli filologicamente corretti sono stati pochi, a parte la portoghese Maro con il suo Fado contemporaneo, sottotitolata «Maro’ che tristezza», meritano menzione i francesi che si sono esibiti in bretone/rap, per cui, seguendo lo stesso principio, Blanco e Mahmood avrebbero dovuto cantare «frigora» (in latino «brividi»). Se dobbiamo essere sinceri, il rigore e la sobrietà dell’esibizione del duo italiano non emergevano di fronte alle baracconate alle quali abbiamo assistito, per non parlare dell’eleganza e, a tal proposito, se Blanco ci prestasse lo splendido tailleur pantaloni per festeggiare le nozze d’argento gliene saremmo grati. Quanto alla Pausini, il suo vestito da vestale di Star Trek ce lo riserviamo per il ritorno dalla missione spaziale di Samantha Cristoforetti, ci sembra perfetto per l’occasione. Altra considerazione politico/musicale è che se l’Europa fosse realmente coordinata e determinata come il suo festival della canzone, probabilmente Putin ci avrebbe pensato due volte a invadere l’Ucraina, i cui rappresentanti alla fine della loro colorata esibizione hanno invocato aiuti per Mariupol con obbligata conseguente standing ovation. Ma non era questo l’unico autentico momento da brividi, perché già il messaggio dell’Esc era stato chiaro e forte con l’apertura della serata con la esibizione corale di Give peace a chance, di grande impatto scenico ed emozionale. Certo è che ieri era determinante la sinergia con l’Erasmus perché gli italiani solo facendo appello alle amicizie acquisite nel corso degli studi potevano sollecitare i voti per i nostri rappresentanti, che nulla era di fronte all’invito di Zelensky a votare Ucraina, come del resto ha fatto anche il gruppo islandese, dimenticando che il totale dei suoi abitanti compatto non avrebbe consentito neanche l’elezione di un consigliere di quartiere.