Permetteteci di manifestare tutto il nostro disappunto, ma “Il viaggio degli eroi”, il documentario trasmesso lunedì su Raiuno in prima serata, per celebrare – alla stessa ora, dello stesso giorno, di quarant’anni fa – la storica vittoria dell’Italia ai mondiali di calcio del 1982 non ci ha scatenato quelle emozioni che speravamo di ripercorrere con la rievocazione dell’evento, quasi più storico che calcistico.
Eppure il docufilm di Marco Castagna aveva, sin dal titolo, la promessa di esaltare un’impresa epica, raccontando attraverso la voce dei protagonisti tutto il faticoso cammino della Nazionale di Bearzot che, dopo essere stata ampiamente criticata dalla stampa e dai tifosi per le deludenti prestazioni nel primo girone, riuscì a battere il mitico Brasile, conquistando con tenacia la vittoria finale.
Il regista Castagna ha diviso il documentario in undici capitoli, ciascuno dedicato ad un momento del percorso degli Azzurri, introdotti da una grafica moderna e accattivante e intitolati con roboanti didascalie, che scandivano le fasi del faticoso cammino. Si dava spazio al contesto storico e alle voci dei giocatori, ma anche all’aspetto nascosto del Mister, raccontato dalle parole della figlia mentre il commento di Marco Giallini accompagnava il racconto.
Ora, pur essendo contrari, se non addirittura ostili, alla retorica, dobbiamo, tuttavia riconoscere che si tratta pur sempre di un’arte che, se ben esercitata e dosata, conferisce alla narrazione una palpabile emozionalità e siamo convinti che la retorica come modalità di espressione ben si accoppia con l’epica, tale qual è nell’immaginario collettivo la vicenda del mondiale dell’82.
Ebbene, tutto ciò mancava al “Viaggio degli eroi”, che pur essendo ripercorso con grande attenzione filologica, con i personaggi e le immagini iconiche dell’impresa, si concentrava più su un sofisticato aspetto cerebrale che emozionale, smarrendo, a nostro avviso, quello che era l’autentico senso della storia, così come vissuta in quell’estate del 1982.
Ancor più, questa visione, se non distaccata quantomeno poco partecipata, ci ha deluso perché poco riusciva a ricreare nei telespettatori quello che era stato al tempo l’entusiasmo vissuto e lo diciamo pensando ai più giovani, visto che per la seconda volta consecutiva la Nazionale italiana è esclusa dai Mondiali di calcio e una intera generazione sarà privata non tanto di uno spettacolo calcistico, quanto di quel sentire e di una partecipazione emozionale che una volta ogni quattro anni crea un minimo senso di comunità.
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