Era il 1985. Due i programmi tv di successo, «Quark», giunto alla sua terza edizione, e «Quelli della notte», esemplare unico e solo. E unico fu il loro punto di incontro, «il brodo primordiale» che su Raiuno Piero Angela raccontava come prima forma di vita, mentre su Raidue Riccardo Pazzaglia, autore d’un libro che si intitolava appunto «Il brodo primordiale», minacciava di passare sulla prima rete proprio da Piero Angela, se il livello della conversazione nel salotto di Arbore fosse diventato «troppo basso». Abbiamo scelto questo frammento, fra i tanti ricordi che abbiamo di Piero Angela, perché a nostro avviso è rappresentativo della sua opera e della sua storia: aver saputo e voluto comunicare la scienza, plasmando con semplicità argomenti impegnativi per adattarli ai linguaggi televisivi. L’onda di commozione che sta attraversando l’Italia alla notizia della scomparsa di Piero Angela muove proprio da ciò che ci ha insegnato, dall’aver saputo fare della scienza e della conoscenza argomenti d’intrattenimento, senza abbassare il livello delle prime due e innalzando la soglia del secondo, dimostrando che la cultura non è sapere nozionistico o erudizione, ma ragionamento e curiosità, voglia di conoscenza e interesse per ciò che ci circonda. Quello che nella tv inglese era l’ammirato dipartimento documentaristico della BBC, in Rai era riassunto in un unico uomo, che – in maniera riduttiva a nostro avviso – per troppo tempo è stato definito «divulgatore». Ma Piero Angela nei suoi programmi, coadiuvato da uno staff di esperti, non raccontava solo l’evoluzione, la scienza, la storia, ma spargeva, in maniera impalpabile, con sobrietà, intelligente delicatezza e l’imprevedibilità di quel jazz che tanto amava, il senso critico che apparteneva alla sua umanità, capovolgendo, con ferma certezza, pregiudizi, superstizioni e tabù. Difficile sarà per la Rai decidere cosa fare delle puntate già registrate di Superquark, due delle quali anticipate ieri sera rispetto alla programmazione abituale, come doveroso omaggio. Ma ancor più difficile, sarà per la Rai affidare la sua eredità ad altri, certo con un programma diverso e, soprattutto, con una sigla priva di memoria, perché l’ “Aria sulla quarta corda” ormai è più di Quark e Piero Angela che di Bach. Negli omaggi e tributi che in queste ore si leggono, l’appellativo più frequente è Maestro. Sì, certo, il maestro che tutti avremmo voluto avere a scuola e che, invece, è entrato nelle nostre case lasciandoci la libertà di scegliere il suo programma nell’offerta tv, sapendo che non saremmo stati giudicati, ma che, seguendolo, avremmo arricchito il nostro sapere. E anche l’ultimo suo consapevole, estremo saluto, ancora una volta invita a riflettere e spinge ad una presa di coscienza civile e morale: «Penso di aver fatto la mia parte, cercate di fare anche voi la vostra per questo difficile Paese». Un messaggio che, al di là della retorica, quasi lo pone nel pantheon se non dei grandi della patria, certamente fra gli immortali della nostra tv.