La scuola più famosa d’Italia riapre le porte a nuovi alunni, portando ancora una volta gli spettatori indietro nel tempo. Ospitato per la terza volta consecutiva dal Regina Margherita di Anagni, «Il Collegio» torna con la settima edizione in un doppio appuntamento oggi e domani (ore 21.20) su Rai2, e dalla prossima settimana ogni martedì.
Le 8 puntate del format, realizzato con Banijay Italia, ripercorreranno il 1958, con l’ottimismo del boom economico. Venti ragazzi fra i 14 e i 17 anni – tra cui Mattia Patanè di Riposto (Catania) e Alessia Abruscia di Crosia (Cosenza) – vivranno la routine del collegio per conseguire il diploma di terza media. Grandi novità nel programma, a partire dalla voce narrante fuori campo, affidata alla brillante verve del messinese Nino Frassica. Nel corpo docente alcune new entry e tante conferme, tra cui il professore di italiano e latino Andrea Maggi, presente dalla prima edizione. Ne abbiamo parlato con lui.
Sarà ancora più traumatico per i ragazzi vivere una routine così lontana nel tempo?
«Il ’58 è l’epoca più antica che abbiamo esplorato, e saremo più intransigenti; soprattutto è un anno in cui ancora non era entrata in vigore la riforma della scuola unica, e c’era la doppia classe: quella della scuola media con italiano e latino, per chi avrebbe proseguito gli studi, e quella di avviamento professionale per cercare uno sbocco lavorativo. Sarà interessante vedere come reagiranno a questa novità i collegiali della Generazione Z, vissuti con la scuola dell’inclusione. L’intento della Rai infatti è far riflettere i collegiali e i telespettatori su cosa sia la scuola, perché spesso la si vive come una noiosa costrizione e la si dà per scontata, mentre nel ’58 la percentuale di studenti che andava a scuola era ancora molto bassa, intorno al 35%; quindi lo studio era un privilegio per pochi. Mi auguro che questo tuffo nel passato serva a confermare quanto sia importante l’istruzione».
Nel 1958 al boom economico non corrispondeva un’alfabetizzazione di massa. Facendo le debite proporzioni, potremmo dire che oggi si rende necessaria una nuova alfabetizzazione?
«Stiamo vivendo un fenomeno ancora più inquietante: l’analfabetismo di ritorno o funzionale. Pur essendo andati a scuola, giovani e meno giovani dimenticano quello che hanno appreso, e spesso non sono in grado di comprendere il significato di un testo. Questo è molto grave: si dovrebbe rendere la lettura una consuetudine di tutti. Esattamente come le famiglie vanno a fare la spesa, dovrebbero ritagliarsi un tempo settimanale per andare in libreria o in biblioteca e scegliere un libro da leggere. Si sfati il pregiudizio che la lettura sia un impegno gravoso».
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