Ha ragione Marco Bellocchio, intervistato in quel piccolo gioiello che è TV Talk (il sabato pomeriggio su Raitre), nel sostenere che solo una serie tv poteva dare un diverso e più approfondito spaccato su un tema a lui caro, come il rapimento di Aldo Moro, già affrontato nella versione cinematografica «Buongiorno notte». Il pregio dell’operazione, tuttavia, sta anche nella capacità di sfruttare al meglio il linguaggio televisivo, senza replicare il prodotto cinematografico, e lasciando intatte le caratteristiche di una opera di alto livello. Ma non è solo per le modalità con cui è stato programmato che “Esterno notte”, su Raiuno, può, a giusta ragione, definirsi una serie evento, visto che alla raffinatezza del prodotto contribuiscono un eccellente cast, una sceneggiatura scandita quasi come una via crucis, una ricostruzione degli eventi che va di pari passo con i sentimenti. Due su tutti gli attori che hanno dato prova non solo di versatilità, ma soprattutto di immedesimazione nella parte e nel racconto: Fabrizio Gifuni e Margherita Buy nei panni di Aldo ed Eleonora Moro hanno conferito alle figure dello statista e della moglie non solo quella necessaria ieraticità, ma il dolore espresso con consapevolezza e pudore, forza e determinazione anche di fronte a eventi già segnati. Ci ha lasciati un po’ perplessi, invece, la rappresentazione che Toni Servillo ha fatto di Paolo VI, pontefice amico di Moro – del quale ben si ricorda l’appello per salvargli la vita. Una recitazione che, a nostro avviso, è andata un tono sopra le righe rispetto al vero, almeno per quello che è il ricordo che ci portiamo appresso del Papa. In «Esterno notte» emerge più di tutto il travaglio umano di quanti erano vicini, sia per amicizia personale che comunanza politica, ad Aldo Moro. Particolare è, sotto questo aspetto, la figura di Francesco Cossiga, con un racconto intimista che non tralascia neanche il senso di solitudine provato nell’ambito del suo matrimonio. Non spetta a noi indagare su quanto possa aver pesato il revisionismo storico nell’ambito della sceneggiatura che, comunque, ha attribuito enorme spazio alle sfaccettature dell’animo umano, sia per la parte politica del racconto che per la posizione degli stessi brigatisti. Bellocchio cerca però di dare vita a un racconto più ampio possibile, nel quale le sofferenze, le paure e le tensioni tengono conto anche di uno scenario politico quanto mai complesso e sfaccettato sul cui sfondo si muovono compromessi, sentimenti e la presunta ragion di Stato.