Per lanciare la nuova serie di Sky “Il grande gioco” non c’era apparentemente migliore concomitanza se non quella del mondiale in Qatar, con quale sembrerebbe condividere l’argomento calcio, mentre l’autentico motore di entrambi gli eventi è il binomio soldi e potere. Dispiace dirlo, ma “Il grande gioco” contribuisce a dare una spallata a quello che un tempo era un grande spettacolo di sport, per traghettarlo in quel vortice in cui il “sistema calcio” è una pura operazione finanziaria che si giova della passione di molti. Tanto per capirci Sky ha utilizzato l’esperienza maturata con il financial thriller “Diavoli” per trasportare la stessa tematica in un contesto calcistico, più comprensibile per molti telespettatori, ma, a nostro avviso, lo ha fatto nella maniera peggiore sotto diversi punti di vista. Per essere chiari la serie, nella quale, inaspettatamente, spicca la presenza di Giancarlo Giannini, è penalizzata da un eccesso di trame finanziarie, errori e orrori familiari, tradimenti e doppiogiochismo, metodi mafiosi, oligarchi russi, giocatori invasati, spionaggio, ostentazioni di ricchezza e di povertà mentale da fare invidia alla più scadente telenovela. E, come se non bastasse, tutto questo materiale è condito dai più retrivi luoghi comuni che la televisione ci ha fatto conoscere in questi ultimi anni, fra le quali spicca la donna bella e assetata di potere, il perdente in cerca di riscatto, il figlio che non viene reputato all’altezza del padre. Va da sé che il calcio – inteso come gioco – non esiste ed è relegato a pretesto attorno al quale si muovono ingenti capitali, plusvalenze, sponsorizzazioni, diritti televisivi e quant’altro possa essere tirato in ballo in una economia drogata da personaggi senza scrupoli, calciatori avidi e stupidi, procuratori furbi, benessere finanziario e malessere morale. Il ritmo degli episodi, la varietà delle trame, l’ambiguità dei personaggi, insomma, tutti quei fattori che, comunque, riteniamo validi nella narrazione televisiva, a nostro avviso non sono sufficienti a dare della serie un giudizio positivo. Potrebbe essere apprezzabile il tentativo di Sky di portare la sua vocazione tradizionalmente sportiva a servizio della serialità cinematografica, ma il rischio è quello di far disamorare gli amanti del calcio duri e puri e allontanare senza possibilità di recupero coloro che non sono mai stati appassionati. Se poi ci mettiamo anche i mondiali in Qatar, con le polemiche in corso e l’assenza della nazionale italiana, comprenderete che la concomitanza, alla fine, non è delle migliori.