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«Arnoldo Mondadori – I libri per cambiare il mondo», la docufiction dedicata al geniale editore

Un pioniere (interpretato da Michele Placido e dal figlio Brenno) che realizzò il suo sogno di rendere i libri accessibili a tutti

Libri accessibili a tutti, per una cultura non elitaria: era il motto di un grande antesignano dell’editoria pop, il cui ritratto umano e professionale è soggetto della fiction «Arnoldo Mondadori – I libri per cambiare il mondo», in onda domani sera su Rai1. Novanta minuti per narrare la storia di un uomo semplice, ma tenace e determinato, con un indiscusso potenziale per l’imprenditoria, che si intreccia con quella del Paese. La regia è di Francesco Micciché e la produzione della palermitana Gloria Giorgianni con la sua Anele e Rai Fiction.

Una docu-fiction che alternando ricostruzione filmica, testimonianze illustri e preziosi materiali d’epoca porta nella vita di un grande sognatore che, partendo da un’infanzia povera a Ostiglia (era figlio di calzolaio), realizzò il suo obiettivo di vita. Sullo sfondo, un arco di tempo importante per la storia nazionale, che va dall’ultimo decennio dell’Ottocento agli anni della ricostruzione e del boom economico (quando nascono gli Oscar Mondadori), passando per il ventennio fascista e la Seconda Guerra Mondiale. Nei panni dell’editore Michele Placido, con il figlio Brenno in quelli di Mondadori da ragazzo e, ancora, Luca Morello nel ruolo di Arnoldo bambino.

«La storia di Mondadori è un racconto esemplare – ha dichiarato in conferenza stampa Giorgianni – di un uomo che da un’infanzia difficile, non potendo continuare gli studi, si è reinventato una vita all’insegna della cultura, facendo imprenditoria culturale. Un messaggio importante in questo momento storico, in cui investire risorse umane e finanziarie nel mondo della cultura potrebbe rappresentare un importante vettore di crescita, perché la cultura può cambiare la società, come fece Mondadori portando i libri in edicola».

Anche Placido ribadisce la necessità di un nuovo Mondadori. «Vorrei che fosse qui – ha detto – . All’inizio non credevo di essere fisicamente all’altezza del ruolo, troppo poco somigliante. Ma poi ho compreso che sulla mia esperienza teatrale avrei potuto dare al ritratto uno spessore più umano, non farne una statua da museo delle cere, soprattutto in un format come la docufiction, in cui c’è tanto documentario».

«In mio padre rivedo le stesse origini umili di Mondadori – ha aggiunto il figlio Brenno – Entrambi sono riusciti a concretizzare i loro sogni. Vedo questo parallelismo e mio padre è un grande esempio per me». «Mondadori faceva cultura attraverso i libri, e riusciva a venderla – ha aggiunto Micciché – , ha ampliato gli orizzonti degli italiani e allo stesso tempo ha fatto sopravvivere la sua azienda. Con la docu-fiction tentiamo di fare lo stesso, ossia arrivare al grande pubblico facendo un’operazione culturale, con un genere di racconto televisivo che coniuga documentario e fiction, offrendo un ritratto più vero di grandi storie italiane già note».

«Una grande prova d’attore per Placido, non mimetica ma autentica che racconta l’uomo anche nelle sue complessità», ha sottolineato da remoto Luca Formenton, Presidente della Fondazione Arnoldo e Alberto Mondadori, che ha collaborato al progetto e nella fiction partecipa al racconto della vita del nonno assieme a Gian Arturo Ferrari (ex direttore della casa editrice), Gianrico Carofiglio (scrittore), Ginevra Bompiani (editrice), Pierluigi Battista (giornalista), Marino Sinibaldi (critico letterario), Ferruccio Parazzoli (ex capo ufficio stampa della Mondadori) e Roberta Mondadori, nipote dell’editore, figlia del fratello Bruno. «La storia di mio nonno è una vicenda tipicamente novecentesca – ha continuato – che insegna agli spettatori di oggi il valore del libro, e identifica con la nascita degli Oscar Mondadori il punto d’arrivo della sua filosofia editoriale».

Girata fra Roma, il Lago Maggiore e Torino, la docufiction vede nel cast anche Valeria Cavalli nei panni della moglie Andreina Monicelli e Flavio Parenti e Stefano Skalkotos in quelli dei figli Alberto e Giorgio.

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