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A Masterchef il successo di Edoardo. Ma la ristorazione di lusso sta diventando… un lusso

E’ notizia recente che il Noma di Copenaghen, certificato migliore ristorante del mondo, presto chiuderà per l’impossibilità di sostenere gli elevati costi di gestione, come ha dichiarato il proprietario e chef René Redzepi. E non è l’unico, visto che anche Filippo La Mantia, più o meno per gli stessi motivi, ha comunicato la temporanea chiusura del suo ristorante al Mercato Centrale di Milano, inaugurato meno di un anno addietro. La crisi del settore della ristorazione di lusso, però, non ha demotivato i concorrenti della dodicesima edizione di Masterchef 12 che si è conclusa con la vittoria di Edoardo, disoccupato dall’improbabile acconciatura, che ha saputo trasferire nei suoi piatti le esperienze culinarie acquisite nella sua lunga permanenza all’estero a contatto con gente di svariate provenienze geografiche.

Anche Huè, vietnamita da vari anni in Italia, aveva improntato il suo menù alla fusione fra la cucina orientale e le materie prime nostrane. Più tradizionale il giovanissimo Bubu ansioso di dimostrare la tecnica acquisita come fosse un compito in classe. Ma a parte le notazioni di cronaca spicciola, anche quest’anno Masterchef, ha portato una nota di novità, individuando come filo conduttore del programma la condivisione multietnica della cucina e la miscellanea di sapori con l’invito di confrontarsi con esperienze culinarie internazionali anche grazie agli ospiti che sono passati in trasmissione. L’approccio alla preparazione del cibo di Jeong Kwan, monaca buddista che trasfonde nei suoi piatti non solo le caratteristiche dei prodotti ma la spiritualità della cucina, delle stagioni e della natura, con una carica di energia positiva e una pacatezza lontanissima dalla frenesia e dalle sofisticazioni delle cucine stellate, ha fatto comprendere che l’atto del cucinare e di gustare un buon piatto può avere risvolti mistici. Mentre Clare Smyth, migliore chef donna del mondo, che ha preparato il menù delle nozze di Harry e Meghan, ha rimarcato le potenzialità delle verdure nell’essere protagoniste dei piatti.

Ora, però, tiriamo le somme. Tanti sono quelli che tentano la via della cucina come punto di svolta della loro esistenza, pochi quelli che, dopo tanti sacrifici, arrivano al top, per poi scoprire che la ristorazione di lusso sta diventando… un lusso anche per coloro che la producono. Molti dimenticano che, in cucina non c’è solo uno chef (o un cuoco) ma tutto un personale che, con vari ruoli, contribuisce al successo di un ristorante. Tutti desideriamo mangiar bene e, possibilmente, senza accendere un mutuo. Ma, a questo punto, non basta una onesta osteria?

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