Tina Anselmi è stata la prima donna a diventare ministra della Repubblica Italiana, è stata partigiana, Presidente della Commissione sulla P2 ma, soprattutto, è stata una donna che per le donne si è sempre battuta. A lei, infatti, si deve la legge per le pari opportunità e, fra le altre, portano la sua firma la legge sull’interruzione volontaria della gravidanza e quella che istituiva il servizio sanitario nazionale. Ricordarla, quindi, era più un dovere culturale che istituzionale e a lei Raiuno proprio il giorno della Liberazione ha dedicato il docu-film «Tina Anselmi, una vita per la democrazia».
A giudicare dall’impegno sociale e politico della Anselmi, più che un film tv ci sarebbe voluta una serie con diverse puntate, ma il regista Luciano Mannuzzi è riuscito nell’intento di sintetizzare le fasi salienti della vita e dell’attività di quella che viene considerata una delle “madri fondatrici” della Repubblica, senza cadere nella solita retorica agiografica e senza abusare nell’inserimento dei documenti filmati dell’epoca che si limitano a ricordare funzionalmente fatti di cronaca così come la tv li ha sempre mostrati.
Al di là del racconto storico e biografico, però, il pregio del film è stato quello di mantenere un continuo sottotesto, riuscendo a far percepire attraverso la sceneggiatura i profondi valori che animavano la Anselmi, la tenacia e la pazienza con le quali perseguiva i suoi obiettivi, gli ideali laici che ne caratterizzarono l’operato in politica.
Sarah Felberbaum, alla quale è stato affidato l’arduo compito di rappresentare una figura così carismatica, riesce abbastanza bene a tratteggiarne la personalità, anche se a nostro avviso – anche per questioni anagrafiche – era più a proprio agio nella prima parte del film, legata alla gioventù della Anselmi e alla sua partecipazione alla Resistenza. Quanto ai suoi comprimari, è la figura del padre, impersonata dall’ottimo Andrea Pennacchi, a comunicare, sia pure in pochi tratti, il senso di una educazione improntata a valori sostanziali.
Nel giudizio d’insieme di «Tina Anselmi, una vita per la democrazia», alla fine resta impressa la sensazione che la fiction abbia offerto l’occasione sia per approfondire la figura della Anselmi sia per ricordare una stagione politica che, pur con tutti i suoi difetti, era solida e ancorata a principi di grande rispetto anche nei confronti degli avversari.
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