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Emma D'Aquino incontra ‘loro’, le “Vittime collaterali”

Emma D'Aquino

Poliedrica, impegnata, caparbia. Torna in tv Emma D’Aquino, la giornalista, originaria di Catania, che ha raccontato la cronaca, i drammi, le tragedie del nostro Paese e non solo, è stata anche inviata all’estero. Da lunedì 1° maggio condurrà su Rai Uno, in seconda serata, «Vittime collaterali». Il programma, che andrà in onda per cinque puntate, si occuperà di far luce sulle vicende di uomini, donne, bambini travolti da eventi che hanno cambiato per sempre le loro vite. Figli di donne uccise dalla violenza maschilista, genitori di giovani studenti morti durante lo svolgimento dell’alternanza scuola-lavoro, familiari di persone affette da ludopatia e di vittime di mafia, giovani figli di immigrati in attesa di integrarsi nel loro nuovo paese. Storie spesso dimenticate o non approfondite per nulla che Emma D’Aquino, con la sensibilità che la contraddistingue, quella di chi scava nel profondo con gli strumenti della giornalista, voce e penna, ha voluto mettere al centro del racconto. D’Aquino ha seguito casi di cronaca importanti (dal crollo delle Torri gemelle ai delitti di Cogne e di Perugia), ha condotto per anni il Tg1, gli speciali e gli approfondimenti dall’insediamento degli ultimi presidenti americani all’ultimo saluto a Raffaella Carrà, ha partecipato come opinionista a “Ballando con le stelle”, ha pubblicato il libro “Ancora un giro di chiave. Nino Marano. Una vita fra le sbarre”, ha condotto “Amore criminale”, l’abbiamo addirittura vista a VivaRai2 nella conduzione dell’ironico TgMinkia in diretta con Fiorello. Un volto molto noto e amato dal pubblico.
Da dove nasce l’idea di questo programma? Quale urgenza vi è dietro?
«L’urgenza di raccontare quello che spesso non trova spazio nelle cronache. Mi piace da sempre dar voce a chi non ce l’ha, o fatica ad averla. E così mentre lavoravo ad “Amore criminale” ho capito che non potevamo solo raccontare del femminicidio e dimenticare che quelle donne uccise dalla violenza bieca di uomini che non le accettano come altro da sé lasciano figli e genitori spesso dimenticati psicologicamente ed economicamente. Sono loro le vittime collaterali e vanno aiutate».
Lo scorso anno, intervenendo al convegno Gli invisibili. I figli orfani del femminicidio, ha fatto presente che in Italia «abbiamo la legge [L. 11 gennaio 2018, n. 4], i soldi, il problema è che mancano quei ponti che permettono di dare seguito e di realizzare interventi concreti, tutto ciò che serve agli orfani di femminicidio e alle famiglie che ci sono dietro che hanno tutto il carico di quel dramma». In tal senso, secondo lei, il nostro Paese ha fatto passi in avanti verso una rivoluzione culturale, verso una coscienza collettiva? Perché i dati di questi primi mesi del 2023 sulle vittime di femminicidio sono preoccupanti e non fanno ben sperare.
«Facciamo ogni giorno dei passi avanti. Li facciamo con leggi come il codice rosso contro gli atti persecutori e i maltrattamenti, li facciamo dando tutela rapida e veloce alle donne che subiscono violenza domestica con l’ammonimento del questore, li facciamo nel linguaggio giornalistico abolendo giustificazioni vergogne come “uccisa per gelosia” o “raptus”. Li facciamo quando parliamo ai ragazzi e li educhiamo al rispetto reciproco. Dietro ad ogni femminicidio c’è un retaggio culturale fatto di sopraffazione, c’è una cultura maschilista e patriarcale ancora molto presente nel nostro paese. È questo che dobbiamo scardinare».
Tornando al programma, oltre ai contributi di esperti che saranno in studio, si vedranno le testimonianze dei protagonisti, le interviste, le riprese nei luoghi dei fatti, che saranno sicuramente di forte impatto, drammatiche, dolorose. Come si è sentita dopo aver incontrato queste “vittime collaterali”, «vittime della violenza che altri hanno subito», come lei stessa ha definito i protagonisti involontari del suo programma?
«Ascoltare i racconti di chi si è trovato suo malgrado ad affrontare situazioni drammatiche non è mai piacevole. Io partecipo emotivamente anche se nel tempo ho imparato a controllare le emozioni. Sono grata a chi ha scelto di donarci la propria storia e sono convinta che raccontare e testimoniare sono fondamentali per aiutare altri che vivono lo stesso dramma e per cercare e trovare vie d’uscita e soluzione che spesso da soli è impossibile trovare».
La sua carriera giornalistica ha molte sfaccettature e tante esperienze importanti. C’è qualche desiderio/sogno lavorativo che ha e che ancora non ha realizzato?
«Amo il mio lavoro, mi appassiona da sempre, da quando adolescente imitavo i conduttori dei Tg. Ogni giorno è una scoperta per me, poter raccontare storie che mi appassionano, incontrare persone, condividere dei progetti, poter anche ridere come nelle incursioni nel programma di un talento puro come Fiorello. È questo il mio sogno: poter scoprire qualcosa di nuovo ogni giorno».

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