Verrebbe da dire di padre in figlio, con una accezione quasi ereditaria, ma la dinastia degli Angela si perpetua non per successione dinastica, ma per meriti culturali conclamati. Impossibile, ovviamente, riproporre Superquark del buon Piero Angela, con il quale, neanche il figlio Alberto ha pensato di misurarsi per rispetto e devozione, ma non c’è dubbio che questo «Noos» che ha iniziato la sua programmazione, occupando sempre la serata del giovedì, è pur sempre un prodotto della famiglia dei più celebri divulgatori televisivi italiani. «Noos», ovvero la navicella spaziale sulla quale Piero Angela aveva fatto il suo immaginario viaggio televisivo nel cosmo più di due decenni addietro, come ha spiegato il figlio ad inizio della prima puntata, significa intelletto, pensiero, ed è con l’intento di sollecitare la curiosità del telespettatore che Alberto Angela propone la sua avventura nella conoscenza, come recita, appunto il sottotitolo della trasmissione.
Lo schema, quindi, apparentemente, è lo stesso, documentari di natura e animali, commentati dallo stesso Alberto, nozioni spicciole di fisica e chimica, avventure nello spazio, interviste mirate fra scienza e società e le pillole di storia del prof. Barberio. Ma la formula da zibaldone inventata da Piero Angela, con la quale la divulgazione è diventata intrattenimento, riproposta dal figlio Alberto è stata aggiornata con una modalità di comunicazione del tutto diversa che segna la differenza. Tanto pacata e discorsiva era la conduzione di Piero Angela, inserito quasi in una dimensione “domestica” con uno studio salottiero che diventava cenacolo familiare, tanto dinamica è quella di Alberto Angela, in piedi, in uno studio i cui effetti speciali sullo sfondo fanno pensare ad uno scenario avveniristico. Tanto il padre si approcciava con un linguaggio semplice ma efficace, lento nell’incedere dell’età e composto nell’espressione della saggezza, tanto il figlio, pur con estrema chiarezza, adotta una narrazione ad effetto, che grazie alle pause, al cambio di espressività nella voce, alla gestualità eloquente, crea in chi lo ascolta una sorta di tensione comunicativa.
Per un verso, Noos è una conferma di continuità nella tradizione della divulgazione televisiva, per altro è una novità nella proposizione più aderente ai tempi. In ogni caso, la conduzione di Alberto Angela dimostra che il suo stile e la sua capacità di raccontare non sono soggetti al timore reverenziale nei confronti del padre, ha saputo mantenere ben salda la sua idea di comunicazione, non si è fatto prendere la mano dall’imitazione filiale.
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