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Farsi scappare Fazio e non saper sostituirlo: molto male, cara Rai

Male, molto male ha fatto Raitre a non rinnovare il contratto a Fabio Fazio, lasciando che con tutta la compagnia di giro si spostasse sul Nove di Discovery, e adesso contano i fatti. Anzi, i numeri, che fotografano la scelta poco felice della Rai, visto che non è solo l’ottimo share del 10,47% della puntata di esordio di «Che tempo che fa», ma anche il fatto che il pur ottimo «Report», passato ad occupare lo stesso spazio su Raitre, ha registrato un divario di circa 3 punti percentuali.

La differenza fra l’edizione della Nove e quella di Raitre, probabilmente, sta solo nella tipologia dei pesci dell’acquario, tema sul quale Fazio e Littizzetto hanno impostato con leggerezza tutti i promo della trasmissione.
Il format è rimasto ugualeugualeuguale, salvo che per il dietro le quinte iniziale, nel quale Fazio e Nino Frassica a ruota libera, girando fra i camerini, con una sana agitazione per il debutto, presentavano gli ospiti che di lì a poco sarebbero intervenuti.

Sebbene Fabio Fazio ci sia apparso sempre troppo politicamente corretto per essere un anchorman d’assalto e mantenga una posizione filologicamente aderente alla “parte giusta”, non c’è dubbio che il suo «Che tempo che fa», negli anni, ha avuto il pregio di un’alta qualità nella scelta degli ospiti e della tempestività degli inviti legati all’attualità, elementi preziosi per una trasmissione che mira a raccontare la realtà attraverso voci autorevoli. Il merito di tale formula è nella credibilità di Fazio nella sua capacità d’intessere con l’ospite un pacato confronto che, in mezzo a tante opinioni urlate, riesce a dare uno spessore culturale al dibattito sociale e politico.

E anche sul Nove, Fazio ha centrato l’argomento del giorno sul conflitto in atto fra palestinesi e israeliani mettendo in campo due personaggi come Liliana Segre e David Grossman, che per la loro storia ed esperienza hanno esposto il loro punto di vista senza animosità, ma soprattutto con una prospettiva di grande respiro sia culturale che umanitario.

Il successo registrato dal programma, anche su un’altra rete, dimostra quindi, molto banalmente, tre obiettive situazioni. La prima è che Fazio ha un suo pubblico indipendente dalla rete in cui si colloca; la seconda è che il telespettatore evidentemente apprezza il genere; la terza è nella miopia della Rai, che non solo si è fatta scappare un format vincente, ma che non ha saputo rimpiazzarlo in maniera convincente. Il non aver saputo trovare un’alternativa dimostra, infatti, la mancanza di visione e prospettiva della Rai e la sua noncuranza di essere servizio pubblico.

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