C’è una linea di dolore che unisce molte trasmissioni nel nome di Giulia Cecchettin, il cui efferato omicidio, per le modalità, la storia della ragazza e la personalità dell’ex fidanzato ha suscitato in tutti un senso di profondo sconforto e incredulità. La tv si è quindi impadronita della vicenda sotto diversi aspetti, ma, soprattutto, ne ha fatto un caso politico anche per la necessità, ormai insopprimibile di fronte alle violenze sulle donne, ai casi di femminicidio e in generale di prevaricazione, di assumere tutte quelle iniziative istituzionali non solo e non tanto sanzionatorie, ma proprio preventive e in chiave educazionale.
Di fronte ai quotidiani casi di cronaca, infatti, è fondamentale ribaltare la cultura di prevaricazione e di disparità che alimenta le violenze, agendo con interventi mirati per formare adeguatamente una mentalità nuova e diversa.
Tanto più risuonano, in questo momento di commozione e mobilitazione collettiva, i temi proposti dalla serie «Circeo», in onda martedì su Raiuno, che, se per un verso fa riflettere su come sia lento il progresso culturale relativamente alla violenza sulle donne, per un altro verso mette in luce come l’opinione pubblica si sia impadronita della vicenda di cronaca per farne una battaglia di cambiamento.
Infatti, al di là dei due casi di cronaca, diversissimi tra loro sebbene sempre inseriti nel vasto ambito della violenza sulle donne, è pur vero che ora come allora il sentire comune ha fatto di una singola vicenda un paradigma capace di catalizzare l’attenzione e trarne miglioramenti per la società.
Infatti, il pregio della fiction di Raiuno è quello di allontanarsi dalla morbosità della storia, dalla tragedia di Rosalia Lopez e Donatella Colasanti, per incentrare il racconto sul motivo per cui il caso è diventato emblematico di un necessario cambiamento della legge al tempo in vigore. Pur con le inevitabili limitazioni generaliste televisive, la serie si caratterizza per la capacità di non fermarsi a raccontare il fatto di cronaca e, meglio ancora, i risvolti giudiziari, ma soprattutto perché insiste sulla presa di coscienza dell’opinione pubblica che fu determinante anche per adeguare la nostra legislazione in materia.
E, oggi come allora, le circostanze strazianti della morte di Giulia, che tanto ci hanno addolorato, invocano ancora un cambiamento che deve essere affidato alle istituzioni per la parte educazionale, ma a tutti noi per la consapevolezza che combattere la violenza sulle donne, l’intolleranza delle diversità, il bullismo e qualunque forma di prevaricazione, è un atto che protegge non solo chi ne è vittima ma anche le nostre esistenze.
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