E niente, Alessandro Cattelan per questo giro deve rassegnarsi.
Come sappiamo, infatti, per il dopo Amadeus di Sanremo la Rai ha preferito andare sulla sicurezza di Carlo Conti e non sperimentare oltre e altro, ciò non toglie che “Da vicino nessuno è normale”, che si è concluso lunedì su Raidue, poteva essere utile a Cattelan per un addestramento sul campo e per rafforzare le sue capacità di improvvisazione. Immaginiamo, infatti, quali possano essere le riserve della Rai nel mettere in mano a Cattelan quello che è lo show più importante e redditizio di tutto l’anno e, sul punto, crediamo che i dirigenti di oggi abbiano meno audacia dei loro predecessori che misero dal 1980 al 1982 l’allora trentenne Claudio Cecchetto alla guida del Festival e, nel 1989, al limite dell’incoscienza, i 4 giovani figli di personaggi famosi, che non brillarono per fluidità.
Il Festival, oggi è un totem e Cattelan, nonostante i suoi 44 anni, è portatore sano di un linguaggio generazionale che, se mal si concilia con la conduzione paludata di Sanremo, ben si è adattato al nuovo show di Raidue. Nonostante gli ascolti non brillanti, infatti, crediamo che “Da vicino nessuno è normale” abbia messo in gioco molte attitudini del conduttore, dandogli la possibilità di esprimersi come trendsetter, di giocare con un umorismo diverso da quello consueto, di sperimentare una sorta di people show, senza ricorrere a eccessive finzioni, ma soprattutto si sia basato sulla sua capacità di gestione di più location, visto che lo spettacolo si è diviso fra l’interno del teatro Parenti di Milano e un palcoscenico esterno realizzato nella vicina piscina.
Una scelta, questa del doppio palcoscenico che ha rivelato l’ampiezza di mezzi che la Rai ha messo a disposizione del presentatore anche con riprese sott’acqua, la presenza di ballerini e specialiste in nuoto sincronizzato, oltre ad una serie di ospiti di tutto rispetto. Che poi la ricerca della stranezza insita in ciascuno di noi, sia stato il tema a piacere che Cattelan si è scelto, dimostra ancora una volta che la sua idea di spettacolo attinge dalle curiosità che fluttuano fra i social più frequentati. Il vero problema, però, a nostro avviso è che il tema centrale delle manie personali, non aveva centralità, o meglio, non si dipanava logicamente per tutta la trasmissione, diventando, così, un pretesto, più che un filo conduttore.
Le critiche al programma, nelle sue tre puntate previste, quindi, non sono mancate, ma è evidente che la sperimentazione di nuovi linguaggi del “varietà”, deve necessariamente cercare di attrarre un pubblico più giovane e non sempre e solo il telespettatore medio e stanco.
Caricamento commenti
Commenta la notizia