I Leoni di Sicilia finalmente ruggiscono in chiaro su Raiuno, dopo il passaggio riservato agli abbonati di Disney Channel, ma è un ruggito un po’ rauco. Il romanzo di Stefania Auci che tanto appassionatamente racconta ascesa e trionfo di una delle poche famiglie di imprenditori siciliani, soffre di una trasposizione cinematografica un po’ frettolosa, necessariamente parziale e che appiattisce le molte sfumature narrative dei tomi della scrittrice.
Certo trasformare in fiction un racconto articolato e con una straordinaria mole di sfaccettature non è impresa semplice, ma laddove la necessaria autonomia che le serie tv spesso si guadagnano rispetto alle opere letterarie non sempre è un difetto, nel nostro caso, l’operazione di semplificazione si risolve in appiattimento e non basta il guizzo di una colonna sonora contemporanea (fra l’altro espediente ormai abusato) per marcare la libertà di trasposizione. Sebbene le premesse per una operazione memorabile ci fossero tutte, dal regista Paolo Genovese alla scelta del cast di interpreti talentuosi fra i quali Donatella Finocchiaro, Michele Riondino, Vinicio Marchioni, Paolo Briguglia e Miriam Leone, all’atto pratico, alcune scelte che sulla carta promettevano una resa eccezionale, si sono rivelate un po’ opache.
Un esempio per tutti è quello della figura di Giuseppina Florio, mal maritata con Paolo,e innamorata del cognato Ignazio che, nel libro, è un concentrato di infelicità e rimpianto per Bagnara. Il suo rapporto con il cognato è fatto di sguardi, gentilezze accennate e solo in un’unica occasione riesce ad avere un momento di intimità con l’amato, mentre nella fiction è rappresentata come seduttiva e quasi sfrontata nell’intessere la sua storia in maniera palese. Chi ha letto i romanzi della Auci avrà probabilmente apprezzato l’intreccio romanzato delle vicende dei Florio con elementi storico/economici che hanno avuto il loro determinante peso nell’ascesa della impresa familiare.
Tutti elementi che si mescolano con le tante sfumature dei sentimenti dei protagonisti, ma soprattutto con quel desiderio di affermazione sociale e di riconoscimento meritocratico che si scontra con la superbia dell’aristocrazia palermitana che, pure indebitata e spogliata di ogni allure non abbandona i suoi modi sprezzanti. Una parte, questa che percorre sottotraccia il racconto della Auci e determina le personalità dei Florio ma che, purtroppo, televisivamente è narrata in maniera piuttosto basica con un confronto in cui “miseria e nobiltà” si fronteggiano.
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