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“Hanno ucciso l’uomo ragno”, un racconto che si fa musica e viceversa

Il tocco d’autore c’è tutto e si vede, perché Sidney Sibilla, regista dei primi due episodi di “Hanno ucciso l’uomo ragno” e produttore con Groenlandia della serie in onda su Sky, ha saputo trasferire anche in un prodotto destinato alla tv, i tratti caratteristici della sua vocazione di autore, quella di narrare una storia vestendola di leggenda.

A unire le esperienze cinematografiche di Sibilla di “Smetto quando voglio”, “Mixed by Erry” e “L’isola delle rose”, con la storia degli 883 portata in tv, è il racconto semplice ma non banale, una leggerezza che non diventa mai superficialità, ma soprattutto un’idea che diventa essa stessa personaggio portante della storia e che, nel caso degli 883 è la trasposizione in musica di una amicizia, quella fra Massimo Pezzali e Mauro Repetto.

Un tratto portante, quello dell’amicizia nata sui banchi di scuola che predomina fra altri vari elementi altrettanto validi e ricchi di sfumature, la vita di provincia, le differenze caratteriali dei protagonisti, uno, Max prudente e realista, l’altro, Mauro spavaldo e audace, la musica che diventa parte determinante di un vissuto adolescenziale.

Ecco, appunto, due adolescenti degli anni Novanta che hanno gestito la paura del fallimento, fra sogni e delusioni, che hanno puntato sulla musica come bene rifugio ma soprattutto come elemento per scardinare la noia della provincia. E, qui, inevitabilmente, molti avranno fatto il confronto con i coetanei della generazione post pandemica che non sono riusciti a trovare una stessa chiave di lettura per superare le loro ansie. Non è la conquista del successo il teorema che la serie dimostra, ma le emozioni che lo costruiscono, non contano i milioni di dischi venduti dal gruppo e da Pezzali solista, ma lo sviluppo di una creatività un po’ improvvisata con la quale i due ragazzi costruiscono la loro musica quasi senza averne gli strumenti di conoscenza basica.

Non c’è enfasi nella narrazione della vicenda dei due compagni di scuola ma quella quotidianità che, a poco a poco, si stacca dell’ordinario per diventare a suo modo straordinaria e, apparentemente, lascia quasi stupefatti gli stessi protagonisti per le mete conquistate. Le canzoni degli 883, pure collocate temporalmente negli anni, non passano di moda fra chi le ha ascoltate al tempo e sono apprezzate anche dalle generazioni più recenti perché descrivono un vissuto che si percepisce autentico e che la serie rappresenta senza sofisticazioni o sovrastrutture e che mantiene il ritmo senza affanno. Insomma una storia scritta tanto bene che fa diventare musica il racconto e viceversa.

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