La storia non si fa né con i se, né con i ma e, tantomeno, può essere rivisitata alla luce di conoscenze inesistenti all’epoca dei fatti, tuttavia il Leopardi di Sergio Rubini, regista e sceneggiatore della miniserie dedicata al poeta di Recanati, martedì e mercoledì su Raiuno, offre diversi spunti di riflessione sulle opportunità e sulle “sliding doors” della vita.
Di Giacomo Leopardi infatti, vengono tramandati per tradizione orale e scolastica la gobba, lo stato di salute cagionevole, il pessimismo declinato in varie tonalità e tutta una serie di leggende letterarie che contribuiscono a farne un poeta straordinario sì, ma rimandano l’immagine di un uomo triste e solo. Sergio Rubini, invece ci restituisce, in «Leopardi il poeta dell’infinito», un giovane vivace, intellettualmente superiore, autonomo nel pensiero e, soprattutto resiliente.
E tanto più anticonformista ci appare Giacomino (Laonardo Maltese) quanto meglio viene descritto l’ambiente familiare nel quale cresce, con un padre rigido, una madre bigotta e un precettore gretto. Elementi tutti che ci hanno fatto contravvenire alla regola di cui sopra del se e del ma, inducendoci a pensare quanto più immensa sarebbe stata l’opera di Leopardi se avesse potuto affinare la sua sensibilità in un contesto più libero e quanto sia stato forte nel riuscire ad affrancarsi da una famiglia asfittica e morbosa.
Il pregio della sceneggiatura – riconosciuto dai telespettatori con un 24% di share nella serata di martedì – a nostro avviso è quello di raccontare il poeta senza farne una icona pop, ma facendo risaltare la delimitazione fra l’obbedienza e la resistenza, fra l’ossequio di ciò che è giusto per il padre Monaldo e il rispetto per la consapevolezza di ciò che si è. Una delimitazione che accompagna alla trasgressione di regole quasi senza infrangerle. Il rifiuto della carriera ecclesiastica, le pulsioni della seduzione, la capacità di uscire dall’opprimente guscio familiare sia pure per un confronto con gli intellettuali del suo tempo, tutto viene narrato con l’obiettivo di rispettare la storia, ma al tempo stesso di fornire una visione di Giacomo Leopardi coerente con la sensibilità che trasfonde nei suoi componimenti e l’erudizione che lo ha sorretto col suo studio matto e disperatissimo.
La figura di Giacomo Leopardi appare così tanto lontana dalla narrazione scolastica e tanto più vicina alla modernità dei sentimenti, dei turbamenti, del mistero dell’infinito e non serve che, oggi, si pensi a lui come il precursore degli esistenzialisti solo per scrollargli di dosso la polvere delle antologie di letteratura, quando basterebbe ricordarlo come un uomo innamorato della vita, dell’amore e della bellezza.
Caricamento commenti
Commenta la notizia