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«Miss Italia non deve morire», ma non si sente troppo bene

Insieme a Patrizia Mirigliani

«Miss Italia non deve morire». Ok, ma Netflix le ha già dato l’estrema unzione e, forse, la pur brava e agguerrita Patrizia Mirigliani, che dal padre ha ereditato il marchio e l’organizzazione del concorso di bellezza, non si è resa conto che l’operazione verità proposta dal documentario non favorisce esattamente la causa.

La sensazione che abbiamo avuto, infatti, è che la sincerità della Mirigliani si possa trasformare in un boomerang, soprattutto nelle confessioni che superano la vocazione imprenditoriale per rivelare le sue vicissitudini e i dolori come madre, o, ancora, nel non aver risparmiato critiche ad alcuni collaboratori.

In sintesi, punto nodale del documentario è il fatto che l’elezione della Miss non trovi più uno spazio nel palinsesto della Rai, una mancanza che pesa in termini di visibilità del concorso, che è pur sempre un’impresa commerciale, ma che si porta appresso una serie di valutazione sia etiche che tecniche.

Il rinnovamento cercato per attenuare le critiche sulla mercificazione del corpo femminile e che si è concentrato sulle abilità e le vocazioni delle aspiranti miss al di là della loro bellezza, è certamente inadeguato rispetto ai tempi e ai media, ma il disvalore attribuito di default al concorso appare ipocrita. Non si può infatti ignorare che la bellezza ha comunque un valore in sé, non è inversamente proporzionale all’intelligenza; che oltre diecimila ragazze ogni anno si presentano alle selezioni; che la scelta di partecipare – come ben argomenta una aspirante concorrente nel documentario – non esclude valide motivazioni fra le più diverse e personali ed è pur sempre un atto di volontà.

Il taglio del prodotto di Netflix è quello di un documentario che documenta ma, nel contempo, orienta. Piuttosto che assumere una linea perfettamente neutra o comunque equidistante dalle posizioni, infatti, utilizza gli elementi raccolti facendo emergere tutte le contraddizioni del concorso nella tensione di un rinnovamento non riuscito, nell’incapacità di trovare una formula valida per una nuova edizione, nel lato deteriore di alcuni meccanismi. Al contempo, pone sotto una luce particolare gli organizzatori locali con le divergenze di opinioni e la fragilità della stessa Mirigliani, lasciando ai filmati di repertorio la memoria storica e il rilievo che la manifestazione ha assunto nello show business.

Insomma, la sensazione è che «Miss Italia non deve morire», ma non gode di buona salute e la cura di Netflix non ci è sembrata abbastanza efficace.

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