
E’ noto che dopo una certa età le leggi di Newton si accaniscano sulla pelle delle braccia anche delle donne più toniche, che l’osteoporosi limiti la mobilità articolare e il girovita si allenti con formazioni a ciambella salvagente. Niente di nuovo per noi donne, per le quali, ricordiamo, «oltre le gambe c’è di più» e ci industriamo per porre in luce le nostre parti migliori anche senza l’uso indiscriminato del botox che porta alla formazione di guanciotte come quelle degli scoiattoli. Ora, quindi, senza fare body shaming, ci chiediamo con quale perfidia Carlo Conti si sia azzardato a portare il sabato sera dieci show girl non proprio di ultima generazione e con quale masochismo abbia accettato la sfida con «Amici» su Canale 5, che ha registrato oltre il 27% di share e superato Raiuno di circa 10 punti.
Soprattutto, ci chiediamo perché «Ne vedremo delle belle» venga definito talent, perché, ammesso che un tempo le dieci avessero avuto un qualche talento, ormai la loro carriera è cosa fatta e, più che qualcosa da scoprire, c’è molto da nascondere.
Insomma, potevano lasciarci col dubbio che, all’apice del loro successo, le magnifiche dieci sapessero ballare, cantare e presentare, invece di darci la certezza che quel poco che al tempo erano in condizioni di fare ora è del tutto arrugginito se non scomparso.
Non regge neanche la favola che le dieci show girl si siano volute rimettere in gioco con autoironia, perché queste competitive erano vent’anni addietro e tali sono rimaste, per cui prevediamo che alla seconda puntata si strappino le extension e si graffino con le unghie smaltate col semipermanente. Ed è questo il vero recondito appeal del programma per il pubblico vintage che misura la qualità dei programmi sulla quantità delle litigate. Né le aiuta la giuria che, peggio non poteva essere formata, anzi è stata appositamente composta per esaltare la trashitudine interiore della trasmissione invece che per alleggerirla.
Di fronte al un senso dell’humor sguaiato da commedia anni 70, nel quale sguazzavano Mara Venier e Christian De Sica, Frank Matano ci è sembrato quasi a disagio nell’esprimersi con la sua ironia più contemporanea. Una giuria che non merita di essere appellata tale perché dietro la finta ipocrisia del «sono tutte brave» e, peggio, «sono tutte amiche», si è vistosamente lasciata andare a risate dileggianti e commenti ineleganti.
Un’ultima notazione, poi, dobbiamo farla sulla tempistica del programma che si è chiuso alle 23,30 e che, apparentemente, ha messo in luce ancora una volta la capacità di Carlo Conti di contenere spazi e orari, perché il problema sistematico e autentico della programmazione tv non è quando finisce la prima serata ma sul fatto che inizia alle 21,30.
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