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Come luccica l'oro di Busà. E a casa di Luigi è festa: “Avevamo un patto”

La gioia di papà Sebastiano suo primo maestro, anche le due sorelle sono karateka di livello

Il primo mondiale lo ha vinto a 19 anni. Che fosse una predestinato papà Nello lo sapeva. Luigi Busà con la medaglia d’oro a Tokyo ha completato il suo fantastico palmares.
«Luigi lo racconta spesso: quando aveva 13 anni ci siamo stretti la mano e gli ho detto: “Se vuoi ti porto sul tetto del mondo, ma la strada sarà tortuosa, lunga e difficile” racconta Sebastiano Busà, cintura nera settimo Dan, e soprattutto grande allenatore. Luigi quella mano l’ha stretta, diventando in pochi anni un atleta modello e soprattutto il campione indiscusso nella sua categoria. A contendergli il trono è stato soltanto Rafael Aghayev con il quale nel frattempo si è stretto un legame di profonda stima ed amicizia. Quello stesso avversario con il quale ha dato vita ad una finale intensa.
«Un sogno realizzato. Un sogno da sempre, da quando Luigi era piccolo e il karate non era alle Olimpiadi» racconta papà Nello: «Vedevo in lui delle qualità».
Potenzialità che il padre, da allenatore severo, ha saputo alimentare. Regole rigide e la capacità di saper esser padre e allenatore in un famiglia che ha il karate nel dna: anche la mamma Paola è cintura nera, la sorella Lorena, del gruppo sportivo carabinieri, è pluricampionessa italiana; la più piccola, Cristina, è nel gruppo sportivo Fiamme Azzurre (campionessa italiana nel 2015). Mentre la sorella più grande Stephanie è un avvocato.
«Abbiamo aspettato a lungo, poi i giapponesi quest’anno hanno fatto rientrare anche questa disciplina. E ci siamo rientrati perché forse Luigi avrebbe smesso – dice il padre – Ha vinto tutto: due mondiali, cinque europei, qualsiasi cosa. Quando si è aperto il discorso Olimpiadi ci siamo riaccesi al grande sogno. La qualifica è stata micidiale: una gara ogni 15 giorni. Lui ha raggiunto la qualifica un anno e mezzo fa. Poi la pandemia. Ed il ritardo di un anno nella competizione».
Ad assistere all’incontro nella casa in contrada Palma ad Avola, nel Siracusano, c’era solo la famiglia: «Questa era la finale che sognavo da sempre: Luigi e Aghayev (cinque volte campione del mondo) sono stati i due atleti più competitivi al mondo nella categoria 75 chili, dai loro scontri è nata anche un’amicizia. La finale che sognavamo noi e tutto il mondo del karate. Una finale storica».
Dopo l’oro conquistato, gli amici e i parenti si sono riversati tutti a casa. «Questo era il suo sogno. Tra due mesi c'è il mondiale a Baku ma non so come lo vivrà. Deciderà lui».
Luigi è entrato prima nel Gruppo sportivo esercito, poi Forestale, infine da cinque anni nel Gruppo sportivo Carabinieri. «Luigi sta a Roma ma quando scende in Sicilia, ad Avola, viene sempre in palestra (dove sono esposti trofei e medaglie). Per noi il karate è pane quotidiano. Mia moglie mi aiuta in palestra da sempre. Abbiamo vissuto le vittorie ed anche le sconfitte. Non è facile restare sempre i numeri uno. Luigi ha fatto un grande lavoro mentale e quando hai la responsabilità tutto pesa. Ma Luigi ha sempre lavorato e con questa medaglia ha coronato la sua carriera».
La città di Avola sta preparando una festa per il suo campione, covid permettendo. «Lo aspettiamo per festeggiarlo» dice il sindaco di Avola, Luca Cannata. «Grandissimo, orgoglio avolese. Questo trionfo racchiude i valori dello sport e della famiglia. Il successo olimpico di Luigi Busà è la dimostrazione che il sacrificio paga e i risultati arrivano. Grande uomo, un grande atleta, il più forte del mondo».

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